Ogni volta che inizio a sognare e programmare un viaggio in Giappone, la mia fantasia è puntualmente risucchiata dalle città, più o meno grandi. Sono punti di arrivo, ben collegati tra loro e ospitano migliaia di luoghi da vedere, compresi i quartieri alternativi e meno turistici. Pur preferendo i luoghi meno affollati e la natura, le città sono centri gravitazionali della mia attenzione. Ho preparato questa guida su dieci villaggi giapponesi con la speranza che, sia a me che ai voi che leggete, aiuti a sognare un viaggio diverso, fatto almeno in parte di aree rurali e di montagna.
Mi piace pensare che un viaggio nel Sol Levante possa prescindere dai cosiddetti must see. Non ci sono luoghi più o meno importanti da visitare e i piccoli paesi del Giappone narrano storie che sono semplicemente diverse da quelle delle città. I villaggi giapponesi raccontano di pescatori e navigatori, come nel caso di Mitarai, dove nel periodo Edo sostavano le navi in attesa delle migliori condizioni di vento e di marea. In altri casi ci parlano di mercanti, samurai e viaggiatori, come nel caso di Narai-juku, posto lungo un’antica via di comunicazione.
Nei villaggi giapponesi si può immaginare che cosa era quella vasta porzione del paese compresa tra i centri principali, come Edo e Kyoto. Le grandi città in fondo erano un’eccezione, la maggior parte del territorio era coperto da boschi e punteggiato da paesini, villaggi e semplici gruppi di case lontani dai centri di potere.
Vi auguro un buon viaggio tra questi dieci villaggi e piccoli centri del Giappone.
Narai-juku (Nagano)

Narai-juku (奈良井宿) era uno dei villaggi posti lungo il Nakasendo, una delle cinque vie che, durante il periodo Tokugawa (1603-1868), partivano da Edo, l’odierna Tokyo, sede dello shōgun. Il Nakasendo collegava Edo alla capitale e sede imperiale Kyoto lungo un percorso che attraversava le Alpi giapponesi, alternativo quindi al Tokaido, che collegava le due città passando per la costa.
Lungo il Nakasendo si trovavano villaggi con funzione di stazione di posta, dove mercanti, samurai e altri viaggiatori sostavano per riposare e rifocillarsi prima di riprendere il cammino. Narai-juku era la stazione di posta numero 34 lungo il Nakasendo, che in tutto ne contava 69. Si trovava più o meno a metà del percorso e divenne così ricca da essere nota come Narai dai mille edifici. Oggi è una delle stazioni di posta del Nakasendo meglio conservate e tuttora meno conosciuta di Magome e Tsumago, situate più a sud.
Mitarai (Hiroshima)

Quando pensiamo alle antiche vie di comunicazione giapponesi, come il Tokaido e il Nakasendo, spesso dimentichiamo che all’epoca il mezzo di trasporto più veloce era la nave. Il mare interno di Seto è stato a lungo la principale arteria commerciale del paese e in una delle sue isole, nota come Osaki-Shimojima, sorgeva il villaggio giapponese di Mitarai (御手洗).
Il porto di Mitarai veniva utilizzato dai navigatori come luogo di sosta, in attesa di maree e venti favorevoli. Fu così che, in un dedalo di stradine e vicoli stretti, si sviluppò un villaggio che offriva servizi a mercanti e marinai. Furono costruiti alloggi, residenze, locande, case di piacere, case da tè, santuari e templi. Con l’avvento delle navi a vapore non fu più necessario attendere maree e venti favorevoli e così Mitarai lentamente decadde. La sua posizione fuori mano ha risparmiato il villaggio dallo sviluppo avvenuto nel secondo dopoguerra e questo, insieme a un importante lavoro di conservazione, ci consegna un villaggio portuale ricco di edifici storici, alcuni dei quali aperti al pubblico.
Shukunegi (Niigata)

Shukunegi (宿根木) si trova sull’isola di Sedo, nel mar del Giappone, la sesta più grande dell’arcipelago giapponese. Era un piccolo porto già nel medioevo, ma il suo sviluppo maggiore avvenne nella seconda metà del Seicento, quando vi si insediò una comunità di costruttori navali. In quel periodo fiorì lo sfruttamento dei giacimenti di rame dell’isola e crebbe il fabbisogno di navi per trasportare il rame e altre merci. Gli artigiani, abili nella costruzione di navi, usarono le stesse tecniche nella realizzazione delle loro abitazioni e spesso anche gli stessi materiali. Diverse case di Shukunegi furono costruite usando assi prese da vecchie imbarcazioni.
Oggi a Shukunegi rimane un centinaio di vecchie abitazioni, che formano un villaggio caratteristico attraversato da vicoli stretti e canali. Per non perdervi e riconoscere i luoghi principali e le case aperte al pubblico, vi consiglio di consultare e scaricare le walking map di Shukunegi.
Hatenashi Shuraku (Nara)

Hatenashi (果無集落, Hatenashi Shuraku) viene a volte definito come il “villaggio nel cielo”, in realtà è un piccolo gruppo di fattorie sperdute tra i monti del sud della prefettura di Nara, in Kansai. I pochi edifici di Hatenashi sono stati costruiti sulla cresta di una montagna dove passa un’unica via di comunicazione, il ramo Kohechi dell’antica via di pellegrinaggio nota come Kumano Kodo. Non ci sono altre strade che attraversano Hatenashi, qui si giunge solo a piedi e i pochi abitanti si prendono cura del loro piccolo paese. I turisti non esistevano fino al 2004, quando il Kumano Kodo è stato designato patrimonio UNESCO e frequentato poi da un crescente numero di escursionisti. Per scoprire questo villaggio giapponese vi lascio il video qua sotto, la parte dedicata a Hatenashi inizia dal minuto 3:11.
Ine (Kyoto)

Ine (伊根町), con le sue case affacciate sul mare che ricordano vagamente le palafitte, è uno dei più sorprendenti paesi del Giappone. È noto per le tradizionali abitazioni dei pescatori chiamate funaya, che letteralmente significa “case-barca”. Le funaya sono state classificate tra gli edifici tradizionali del Giappone e oggi nel villaggio ne rimangono poco più di duecento, alcune delle quali sono state convertite in guest house.
Situato nella baia omonima, Ine è protetto su tre lati da colline e questa posizione, unita alle escursioni di marea relativamente piccole del mar del Giappone, ha creato le condizioni ideali per la costruzione delle funaya. In queste case tradizionali, il piano “terra” ha la funzione di rimessa per le barche, mentre il piano superiore è usato come abitazione.
Nei pressi di Ine si trovano luoghi legati alla leggenda di Urashima Tarō, tra cui il santuario di Urashima (Urashima jinja).
Kōya (Wakayama)

Kōya (高野町 Kōya chō) è una sorta di villaggio-tempio. Ha meno di quattromila abitanti e, tra il centro abitato e gli immediati dintorni, conta centoventi templi buddhisti. Kōya si trova a un’altitudine di circa 800 metri sul Kōya-san, il monte sacro del Buddhismo Shingon, una scuola esoterica di buddhismo giapponese fondata dal monaco giapponese Kūkai nel IX secolo, di ritorno da un viaggio in Cina.
I numerosi templi, la posizione isolata e immersa nei boschi di cedro giapponese (sugi) donano a questo luogo un’atmosfera speciale, percepibile soprattutto sostandovi più giorni. Oltre ai templi, tra i luoghi da visitare assolutamente c’è l’Okunoin, il cimitero buddhista in cui è sepolto il monaco Kūkai, a quanto si dice in eterna meditazione. Alcuni templi organizzano visite guidate notturne all’Okunoin, un’esperienza emozionante e indimenticabile.
Ainokura (Toyama)

Ainokura (相倉) è un piccolo villaggio sperduto tra le montagne giapponesi che conserva ancora una ventina di case rurali note come minka, costruite in stile gasshō-zukuri. Hanno tetti di paglia che a prima vista ricordano quelli delle capanne, ma sono vere e proprie case costruite su più piani. La maggior parte di queste case ha tra i cento e i duecento anni, mentre la più antica fu costruita circa quattro secoli fa. La visita ad Ainokura è insomma una vera e propria immersione nel mondo rurale del periodo Tokugawa (1603-1868).
Oggi la maggior parte delle minka è adibita a dimora privata, alcune sono state convertite in laboratori di artigianato e nel Museo del folklore. Ainokura è stato inserito nel patrimonio UNESCO nel 1995 insieme a Shirakawa-go e ad altri villaggi simili della regione di Gokayama, ma la sua posizione remota lo ha mantenuto meno affollato rispetto a Shirakawa-go e ad altre frazioni della zona. Ad Ainokura è presente anche il Washi Workshop Hall, dove viene tuttora prodotta artigianalmente la tradizionale carta giapponese washi, anch’essa patrimonio UNESCO.
Chizu e Itaibara (Tottori)

Chizu (智頭町, Chizu-chō) è una cittadina che conta circa settemila abitanti e con più del 90% della superficie municipale ricoperta da foreste dominate dal cedro giapponese. Ancora oggi l’economia di Chizu è legata al taglio del bosco, alla lavorazione del legno, ma le foreste stanno acquisendo un ulteriore valore. Sono attraversate da sentieri di trekking come quelli del Chugoku Nature Trail, che riprendono in parte vecchie strade usate in passato per le attività forestali. In più, nella vicina valle di Ashizu, vi si praticano corsi di Forest Therapy.
Da Chizu, a piedi o in auto, è raggiungibile Itaibara (板井原), un piccolo villaggio giapponese di montagna. È attraversato da un torrente e conta oltre centodieci edifici tradizionali che includono abitazioni, negozi e capanne per la sericoltura. Molti risalgono al periodo Meiji (1868-1912), ma ce ne sono anche di più antichi.
Wazuka (Kyoto)

Wazuka (和束町, Wazuka-chō) è un paesino giapponese di circa cinquemila abitanti, attraversato da un fiume e immerso in una zona collinare a sud di Kyoto e del lago Biwa. A differenza degli altri villaggi elencati finora, più che il centro abitato in sé, sono interessanti da visitare le sue campagne. Le pianure e le alture nei dintorni del paese sono letteralmente ricoperte di piantagioni di tè verde da cui si ricava il famoso tè di Uji, cittadina non distante da Wazuka.
Il paesaggio di Wakuza ha iniziato a modellarsi circa 800 anni fa, quando nel periodo Kamakura (1185-1333), fu scelta tra le aree da destinare alla produzione di tè. Le forti oscillazioni di temperatura tra il giorno e la notte, unite alla nebbia che si forma sul fiume, creano le condizioni ideali per la crescita di foglie di ottima qualità per ricavarne eccellenti tè Matcha, Sencha e Gyokuro. Oggi il paesaggio di Wazuka è incluso tra gli Heritage Sites del Giappone e ci sono varie piantagioni visitabili, quattro in particolare: Ishitera, Erihara, Kamatsuka e Harayama.
Miyama (Kyoto)

Miyama (美山) si trova in un’area rurale e montuosa, famosa per la presenza di circa duecento kayabuki, case rurali giapponesi con il tetto in paglia, e per la sua tranquillità, pur trovandosi a soli trenta chilometri a nord di Kyoto.
Miyama è composta da più villaggi. Tra questi il villaggio nord (kitamura) è conosciuto come Kayabuki no Sato e vi si trovano quaranta kayabuki, la concentrazione più elevata di tutto il Giappone. La maggior parte di queste case rurali sono dimore private, per cui uno dei pochi modi per visitare l’interno di una kayabuki è soggiornare in una delle tre che sono state adibite a guest house (minshuku). In alternativa è possibile visitare il Museo dell’Indaco (Little Indigo Museum), oppure il Kayabuki no Sato Folk Museum, anch’essi ricavati all’interno di abitazioni tradizionali. L’unica altra kayabuki aperta al pubblico ospita un caffè.