Alberi del Giappone: una guida tra natura, storia e viaggio

Basta allontanarsi un po’ dalle città per rendersi conto della ricchezza forestale del Giappone. Prendete un treno che vi porti fuori Osaka, Tokyo e scoprirete colline ricoperte di alberi e colori. I cedri e i cipressi donano un verde deciso e costante tutto l’anno, i ciliegi di montagna ricoprono i pendii di allegre chiazze rosa, mentre gli aceri giapponesi richiamano la nostra attenzione con il loro rosso autunnale.

Di ritorno in città, vi renderete conto quanto gli alberi del Giappone abbiano plasmato la cultura del paese e le stesse aree urbane. I santuari shintoisti spesso ospitano alberi secolari circondati da corde sacre perché ritenuti dimora di divinità: questi antichi guardiani verdi non possono essere toccati. Ancora oggi si pensa che tagliare un albero che ospita uno spirito porti sfortuna.

Gli alberi in Giappone li ritroviamo poi nei templi buddhisti e nei giardini tradizionali, dove assumono forme e simbologie ben precise. Sono presenti negli anime, come Il mio vicino Totoro e Principessa Mononoke – dove l’idea degli spiriti degli alberi è stata mantenuta viva – e naturalmente nelle leggende giapponesi, tra cui alcune dedicate a storie d’amore.

Le diverse specie di alberi giapponesi hanno origine, significati e storie particolari. Dopo un breve glossario, viaggeremo insieme tra dieci alberi del Giappone.

Glossario degli alberi giapponesi

  • Hanami (花見) 🌸: tradizione di ammirare i fiori di ciliegio, spesso con picnic sotto gli alberi.
  • Shinboku (神木) ⛩️: albero sacro nei templi shintoisti, considerato dimora di kami (divinità).
  • Shimenawa (注連縄) 🪢: corda sacra di paglia di riso che viene avvolta attorno agli alberi sacri.
  • Kodama (木霊)🌲: spiriti degli alberi nella mitologia shintoista, considerati protettori delle foreste.

I 10 alberi giapponesi più iconici

1. Sakura – Ciliegio giapponese

Nome giapponese: 桜 (さくら, sakura)
Nome scientifico: Prunus serrulata
Significato culturale: simbolo della caducità della vita e della bellezza effimera, protagonista dell’hanami (festa della fioritura).
Dove si trova: Kyoto (parco di Maruyama, sentiero del filosofo), Tokyo (parco di Ueno), Yoshino.

Sono poche le immagini che evocano il Giappone tanto quanto i ciliegi in fiore. Li troviamo nelle foto, negli anime e persino nel retro delle monete da 100 yen. I sakura sono varietà da secoli selezionate per dare vita a grappoli di fiori che sembrano fluttuare in aria. Fiori che, tra marzo e aprile, animano e colorano di speranza le vie, i parchi cittadini e le rive dei fiumi. Spesso danno un tocco di rosa persino alle montagne, con i vecchi yamazakura, varietà più selvatiche, messi a dimora in tempi sconosciuti e ormai integrati con il bosco.

I fiori di ciliegio, o sakura, sono legati al concetto di mono no aware (物の哀れ), una sorta di sensibilità malinconica che si riflette nella bellezza destinata a svanire. I giapponesi si ritrovano così in massa a festeggiare l’hanami (花見) mangiando, bevendo e divertendosi sotto i ciliegi in fiore, con la consapevolezza che tutto finirà presto. E man mano che la vita va avanti, emergeranno una nuova bellezza e una nuova stagione.

Leggi anche: Le stagioni in Giappone: un viaggio nella natura giapponese

2. Momiji – Acero giapponese

Nome giapponese: 紅葉 (もみじ, momiji)
Nome scientifico: Acer palmatum
Significato culturale: rappresenta la bellezza dell’autunno e il concetto di transitorietà nella natura giapponese.
Dove si trova: Nikko, Kyoto (Eikan-do, Tofukuji), tempio Katsuo-ji (Minoh).

Insieme al sakura, il momiji è uno dei due alberi più rappresentativi delle stagioni nel sol levante. L’acero giapponese è il protagonista indiscusso dell’autunno, infondendo nei luoghi un’atmosfera di tramonto: dai colori accesi tendenti al rosso, fino ai significati più profondi e poetici. E se in primavera di festeggia l’hanami, in autunno è la volta del momijigari (紅葉狩り), la caccia alle foglie rosse.

Il momiji è quindi l’acero giapponese, ma il suo kanji (紅葉) si può leggere anche “kouyou”, vale a dire foliage autunnale. Il momiji è insomma l’albero  e anche l’acero per eccellenza dell’autunno, ma non l’unico. Nei parchi e nei viali giapponesi troverete anche altri aceri, o kaede (かえで, 楓): il momiji è un tipo specifico di kaede (acero), ma non tutti i kaede sono momiji.

La tempura di foglie d’acero

La cittadina che più vi consiglio per ammirare gli aceri in autunno è Minoh, a nord di Osaka. In autunno, il suo tempio Katsuo-ji è dominato dal rosso delle foglie e dei suoi numerosi daruma. Se però preferite un’esperienza di trekking rilassante, vi consiglio il parco delle cascate di Minoh. Lungo il percorso verso le cascate potrete ammirare momiji e altri aceri, templi, santuari e il torrente in cui è stata avvistata più volte la salamandra gigante giapponese. E, cosa unica di Minoh, troverete negozi e bancarelle che vendono foglie di acero in tempura!

3. Sugi – Cedro giapponese

Nome giapponese: 杉 (スギ, sugi)
Nome scientifico: Cryptomeria japonica
Significato culturale: albero sacro nei templi e nei santuari, spesso piantato lungo i viali di accesso.
Dove si trova: Yakushima (Jōmon Sugi), Nikko (Cedar Avenue), Kumano Kodo.

Dopo il sakura e il momiji, simbolo della primavera e dell’autunno, completo la triade dei tre alberi chiave del Giappone con una specie sempreverde: il sugi, o cedro giapponese. Se visitate templi e santuari, senza dubbio vi imbatterete in sugi secolari: ad esempio all’Eihei-ji di Fukui, all’Ise Jingu, all’Okunoin sul monte Koya. Sono poi celebri i cedri che costeggiano vari tratti del cammino di pellegrinaggio Kumano Kodo, così come la Cedar Avenue di Nikko, un viale fiancheggiato per oltre 35 km da migliaia di sugi piantati secoli fa per onorare lo shōgun Tokugawa Ieyasu. Il singolo esemplare più famoso è però il Jomon sugi: si trova nell’isola di Yakushima e ha un’età stimata tra i 2000 e i 7000 anni, che lo rendono uno degli alberi più antichi del mondo.

Il sugi è tuttavia comune in tutto il paese. È una specie molto utilizzata per rimboschimenti e piantagioni, visto il suo impiego come materiale per costruire edifici, mobili e persino botti di sake! Concludo con una curiosità scientifica: sebbene il sugi venga chiamato “cedro”, appartiene in realtà alla famiglia delle Cupressaceae – i cedri propriamente detti fanno parte delle Pinaceae. Forse è per questo (chissà!) che in certi libri di Murakami Haruki, il traduttore ha scelto la parola latina cryptomeria.

4. Hinoki – Cipresso giapponese

Nome giapponese: 檜 (ヒノキ, hinoki)
Nome scientifico: Chamaecyparis obtusa
Significato culturale: legno pregiato usato per costruire templi e bagni onsen, simbolo di purezza.
Dove si trova: valle del Kiso, Ise Jingu.

Nel Nihon Shiki, uno dei più antichi testi giapponesi, il cipresso giapponese (hinoki) viene descritto come “un buon albero per costruire palazzi”. Sempreverde come il sugi (cedro giapponese), è meno utilizzato come albero ornamentale per viali, templi e santuari, ma è anch’esso un albero sacro. Basti pensare che il legno di hinoki è utilizzato per costruire i santuari dell’Ise Jingu – centro fondamentale dello shintoisimo – che vengono rinnovati ogni venti anni. Con la sua corteccia si realizzano spesso i tetti di templi, santuari e altri edifici tradizionali.

Così come il sugi, l’hinoki è ampiamente utilizzato per rimboschimenti e piantagioni. Viene impiegato per la costruzione di templi, santuari, ma anche come materiale di alta qualità per le vasche degli onsen per il suo profumo calmante. Si dice che il legno di hinoki migliore venga dalla valle del Kiso, dove transitava l’antica via del Nakasendo. Infatti, benché i boschi di hinoki si trovino in tutto il Giappone, la valle del Kiso ospita le ultime foreste naturali di hinoki di tutto il Giappone.

Leggi anche: Foreste giapponesi: un viaggio tra i boschi del Sol Levante

5. Ichou – Ginkgo

Ramo di un albero di ginkgo. La foglia del ginkgo è il simbolo della città metropolitana di Tokyo
La foglia del ginkgo è il simbolo della città metropolitana di Tokyo

Nome giapponese: 銀杏 (イチョウ, ichō)
Nome scientifico: Ginkgo biloba
Significato culturale: simbolo di longevità e rinascita, famoso per la sua resistenza a eventi catastrofici come la bomba atomica di Hiroshima.
Dove si trova: i più antichi si trovano nella prefettura di Aomori; in un piccolo santuario nei pressi del tempio Hasedera di Nara, cresce un ginkgo monumentale di oltre 800 anni.

Veniamo adesso a un albero che non è nativo del Giappone ma che in epoca storica – intorno al XII secolo – ha fatto il suo ingresso nel paese, diventando un elemento emblematico dell’arcipelago. Il ginkgo si trova spesso associato ai santuari shintoisti, dove viene venerato come shinboku – albero sacro in cui dimorano kami (divinità). Il più grande ginkgo del Giappone si trova nella prefettura di Aomori, nel villaggio di Kitakanegasawa: ha una circonferenza di 22 metri e un’età di 1000 anni! Gli esemplari più famosi si trovano invece a Hiroshima: sono quelli che sono sopravvissuti all’impatto e alle conseguenze della bomba atomica.

Il ginkgo (ichou in giapponese) è per questo considerato simbolo di longevità e speranza. Noto nella medicina tradizionale, è apprezzato anche come albero ornamentale: è spesso usato nelle alberature stradali e nei parchi, dove in autunno le sue foglie dorate danno un tocco di magia al paesaggio. Ne Il suono della montagna (di Yasunari Kawabata), il protagonista compra semi di ginkgo arrostiti, chiamati ginnan, ancora oggi acquistabili nei supermercati giapponesi. A proposito di libri, vi consiglio Ginkgo: l’albero dimenticato dal tempo.

6. Ume – Susino giapponese

Nome giapponese: 梅 (ウメ, ume)
Nome scientifico: Prunus mume
Significato culturale: simbolo di perseveranza e speranza, fiorisce prima del sakura e resiste al freddo invernale.
Dove si trova: Dazaifu Tenmangu (Fukuoka, Kyushu), Parco Osaka Expo ’70, Parco Imperiale di Kyoto.

L’osservazione degli alberi in fiore iniziò nel periodo Nara (710–794), ma all’epoca l’attenzione era rivolta ai fiori di susino, ume. E anziché di hanami, si parlava di umemi (梅見), contemplazione dei fiori degli alberi di ume, da poco introdotti dalla Cina. Nel successivo periodo Heian (794-1185) il Giappone iniziò a sviluppare una cultura più autonoma e i sakura (ciliegi) iniziarono a guadagnare popolarità, diventando un simbolo della cultura giapponese autoctona. In questo senso, l’ume è forse il più dimenticato tra gli alberi giapponesi, ma anche il più ricco di storia.

Un po’ come il sugi non è un vero cedro ma un cipresso, allo stesso modo l’ume, pur essendo tradotto come susino o prugno giapponese, il frutto, l’albero e le foglie sono molto più simili a un albicocco. I frutti sono utilizzati per produrre l’umeboshi, una sorta di prugna in salamoia dal sapore acido e salato, e l’umeshu, un liquore dal piacevole sapore dolce. Le fioriture dell’ume hanno ancora un forte simbologia, legata alla perseveranza di sbocciare, magari tra la neve, quando è ancora inverno.

7. Kuro-matsu – Pino nero giapponese

Nome giapponese: 黒松 (クロマツ, kuromatsu)
Nome scientifico: Pinus thunbergii
Significato culturale: simbolo di forza e resistenza, spesso usato nei giardini, nei dintorni dei castelli, e nei bonsai.
Dove si trova: coste giapponesi, giardini tradizionali come il Ritsurin di Takamatsu e il Kenroku-en di Kanazawa.

Meno appariscente dei coloratissimi sakura e momiji e dei maestosi sugi, il kuro-matsu è uno degli alberi più comuni in Giappone, sia in natura che nei giardini. È una specie nativa del Giappone (Honshu,Shikoku e Kyushu) e della Corea del Sud, particolarmente resistente ai venti e alla salinità del mare. La sua resistenza, longevità e adattabilità lo hanno reso protagonista dei giardini giapponesi – dove generazioni di giardinieri li fanno crescere con forme contorte e asimmetriche – e dell’arte del bonsai.

In Giappone è stato oggetto anche di piantagioni, visto che veniva utilizzato per le siepi e per stabilizzare le linee costiere e fungere da frangivento. Il suo legno era impiegato nell’edilizia, in particolare per le intelaiature, e come combustibile. Il luogo più famoso per ammirare i kuro-matsu in natura è probabilmente l’arcipelago di Matsushima, a nord di Fukushima e Sendai. Qui i pini neri crescono sulle scogliere e sugli isolotti, creando un paesaggio squisitamente giapponese.

8. Aka-matsu – Pino rosso giapponese

Nome giapponese: 赤松 (アカマツ, aka-matsu)
Nome scientifico: Pinus densiflora
Significato culturale: associato alla longevità e alla protezione, spesso presente nei paesaggi montani.
Dove si trova: regioni montuose, foreste di Nagano e Tohoku, templi di Takayama.

Un po’ meno diffuso e iconico del kuro-matsu, il pino rosso giapponese (aka-matsu) è una delle specie più riconoscibili del paese. Nei parchi e nei giardini si distingue per l’aspetto più slanciato rispetto al pino nero, e per la sua corteccia tendente al rossastro – quella del pino nero ha un aspetto più scuro e metallico. Il pino rosso si riconosce anche al tatto: i suoi aghi sono più soffici rispetto a quelli del pino nero, che sono invece più duri e appuntiti. Per questi aspetti – aghi soffici, forma più esile e slanciata, corteccia rossa – l’aka-matsu viene chiamato anche “pino femmina”, mentre il pino nero – aghi duri, aspetto più tozzo e robusto, corteccia scura – è considerato il “pino maschio”.

Il pino rosso era storicamente utilizzato per costruire edifici, ponti e persino parti di strumenti musicali come lo shamisen. Travi di pino rosso sono ancora visibili nei templi più antichi.

9. Kusunoki – Canforo

Canforo secolare nel santuario Sumiyoshi Taisha di Osaka.
Canforo secolare nel Sumiyoshi Taisha. Il tronco è avvolto da una corda shimenawa – © Alessio Pellegrini

Nome giapponese: 楠 (クスノキ, kusunoki)
Nome scientifico: Cinnamomum camphora (o Camphora officinarum)
Significato culturale: albero sacro spesso piantato nei santuari; le sue foglie e il suo legno hanno proprietà medicinali.
Dove si trova: santuari shintoisti (es. Sumiyoshi Taisha di Osaka), città del sud del Giappone.

Prima di venire a vivere in Giappone non avevo idea di come fosse un albero della canfora, né immaginavo fossero nativi anche dell’arcipelago. Li si trovano spesso associati ai santuari shintoisti, dove non di rado raggiungono dimensioni ragguardevoli, grazie anche alla loro longevità. Si riconoscono per il loro tronco massiccio e la chioma rigogliosa;  molti esemplari secolari sono considerati shinboku (神木) – alberi sacri – e sono circondati  da una corda sacra shimenawa. Oltre che intorno ai santuari, il canforo si trova anche in natura: ad esempio nella “Camphor tree primeval forest” nei pressi di Fukuoka, dominata da essenze sempreverdi come il kusunoki.

È possibile che il nome kusunoki derivi da kusuri-no-ki, ossia “albero della medicina”. Il medicinale in questione è l’olio di canfora, dalle proprietà antidolorifiche e antinfiammatorie, ricavato dal legno e dalle radici dell’albero. L’esemplare più vecchio è il Takeo no Okusu, un canforo di tremila anni all’interno di un santuario della cittadina di Takeo (Saga); si dice che abbia ispirato Hayao Miyazaki per disegnare il canforo de Il mio vicino Totoro

10. Kinmokusei – Osmanto odoroso

I fiori profumati e color arancio del kinmokusei. Nella forma, ricordano i fiori degli olivi.
I fiori profumati del kinmokusei. Nella forma, ricordano i fiori degli olivi.

Nome giapponese: 金木犀 (キンモクセイ, kinmokusei)
Nome scientifico: Osmanthus fragrans var. aurantiacus
Significato culturale: il suo fiore profumato, nella poesia, è associato a sensazioni nostalgiche e malinconiche.
Dove si trova: in ottobre, il suo profumo si diffonde tra vie, giardini e parchi.

Una mattina di ottobre, dopo la mia prima estate in Giappone, mi affaccio al balcone e sono stuzzicato da un delicato profumo fruttato. Mi ricorda l’albicocca e il mandarino, evocando sensazioni piacevoli passate, ricordi sfumati dell’infanzia. Ho poi scoperto che si trattava del profumo del kinmokusei, un albero da odorare, più che osservare. Introdotto in Giappone nel periodo Edo (1603 – 1868) si è presto diffuso in parchi cittadini, siepi e giardini privati. Bastano pochi arbusti per profumare intere vie.

L’albero ricorda per certi aspetti l’ulivo – fa parte della famiglia delle Oleaceae – sia per i rami e le foglie, sia per i fiori. Quelli dell’ulivo sono anonime “palline verdi” che sbocciano intorno a marzo-aprile, mentre i fiori del kinmokusei sono arancioni e sbocciano a ottobre. Il profumo del kinmokusei annuncia l’arrivo dell’autunno, insieme al coro delle cicale che ha lasciato il posto al tenue suono degli insetti di fine estate.

Per approfondire

Ginkgo: l’albero dimenticato dal tempo, di Peter Crane. Olschki editore, 2020.

Hiroshi Omura, “Trees, Forests and Religion in Japan,” Mountain Research and Development 24(2), 179-182, (1 May 2004). https://doi.org/10.1659/0276-4741(2004)024[0179:TFARIJ]2.0.CO;2

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