Un sentiero alberato, pareti di tufo e un parco archeologico dove convivono secoli di storia. Grotte abitate da tempi antichi, fortezze diroccate, abbandonate dall’uomo e riconquistate dal bosco; e una chiesa a cielo aperto, la Chiesaccia, posta in posizione scenografica verso la fine del percorso a piedi. Il sito di Vitozza è a modo suo una piccola terra incognita, che ospita al suo interno il più vasto insediamento rupestre dell’Italia centrale[1] e le nostalgiche rovine di una città medievale.
Vitozza è nel comune di Sorano (GR), nei pressi del borgo di San Quirico. È da qui che parte un sentiero che porta i visitatori all’interno del parco archeologico. Quello che colpisce fin dall’inizio è una natura rigogliosa, che lentamente si è riconquistata un territorio sempre meno popolato dagli esseri umani. Il bosco è ricco, in salute, ma anche ben curato in modo da rendere piacevole la visita al sito.

Pare che le comunità di Sorano e San Quirico tengano al parco di Vitozza; l’ingresso è ben indicato, c’è un parcheggio gratuito, il sentiero (almeno in estate) è facilmente percorribile, ben segnalato e questo rende ancora più agevole la visita. E poi c’è una foresteria con qualche panca su cui sedersi, cestini per i rifiuti, bagni e pannelli illustrativi con mappe. Se c’è una ragione in più per visitare Vitozza, è la buona cura che viene dedicata al parco e ai visitatori.
Come arrivare a Vitozza e informazioni essenziali
La buona notizia è che arrivare in auto a Vitozza è davvero semplice. Se cercate “Vitozza” su Google Maps e poi avviate il navigatore, questo vi porterà fino al parcheggio all’ingresso del parco archeologico. In alternativa cercate “San Quirico di Sorano” e una volta giunti al paese, sarete probabilmente sorpresi dalle numerose e precise indicazioni che vi condurranno fino a Vitozza.
Ho visitato il parco di Vitozza in un giorno feriale e l’accesso in questi casi è gratuito. Secondo quanto riportato dal sito Musei di Maremma, l’ingresso è libero, ma “a partire dal mese di aprile e fino al mese di settembre nei fine settimana (sabato e domenica), nei giorni festivi e nei ponti ingresso a pagamento € 2.00”. Queste le info essenziali per visitare gli insediamenti rupestri e la città perduta di Vitozza:
Il percorso: guida alla città perduta
Una volta lasciata l’auto al parcheggio inizia il percorso a piedi e il viaggio nel tempo. Un viottolo ancora asfaltato conduce in direzione del parco e ci si lascia alle spalle il borgo di San Quirico. All’inizio ai lati del sentiero ci sono orti e poi sulla destra iniziano a delinearsi pareti in tufo, dove ci sono cantine e annessi agricoli scavati nella roccia usati ancora oggi, che conservano un ambiente freschissimo anche nelle estati più calde. Il sentiero poi diventa sterrato, ombroso (in primavera ed estate), sul lato sinistro scorre il torrente San Quirico e sulla destra ci sono le pareti di tufo che, mentre qualche metro prima ospitavano cantine e annessi contemporanei, lasciano gradualmente spazio alle grotte di Piancistalla[2], gli insediamenti rupestri che si trovano lungo il percorso prima di arrivare alla foresteria.

All’esterno della foresteria ci sono mappe e pannelli illustrativi, utili prima di proseguire la visita. In corrispondenza della foresteria trovate un bivio: sulla sinistra la strada continua pianeggiante, sulla destra è in salita. Come indicato dalla segnaletica, non c’è da preoccuparsi molto della scelta: il percorso è ad anello, per cui non vi perderete e non tralascerete nessun elemento del sito archeologico di Vitozza. Il mio personale consiglio è di proseguire sulla destra, dove dopo pochi metri di salita inizierete a visitare le rovine della città medievale di Vitozza. In questo modo, dopo che nel percorso fino alla foresteria avete già visto alcune grotte, potete continuare con la parte medievale e poi, visitata questa, terminare con gli altri insediamenti rupestri e i colombari, in modo da non fare subito una eccessiva scorpacciata di grotte.

Il Primo Castello (Roccaccia)
Il sentiero in salita sulla destra è segnalato come Io Castello – Chiesaccia e, una volta imboccato, al termine di una agevole salita troverete le rovine di una fortezza medievale. Questa, così come la Chiesaccia e il IIo Castello, era costruita su un plateau tufaceo, in una posizione sopraelevata (e pianeggiante) rispetto all’area in cui si trovano gli insediamenti rupestri. Dalle rovine della fortezza inizia la visita alla città perduta di Vitozza, abitata almeno fino alla metà del XV secolo, quando fu progressivamente abbandonata.
Le rovine del Io Castello – quelle che troviamo dopo aver imboccato il sentiero in salita sulla destra – sono arroccate sullo sperone roccioso a sud-est dell’insediamento medievale di Vitozza; questa fortificazione aveva la funzione di controllare e difendere la strada che conduceva fino alla parte superiore dell’abitato.

Non è molto quello che rimane oggi di questa fortezza, che dopo qualche secolo di abbandono era stata quasi completamente inglobata dal bosco. Oggi è ben accessibile, rimane ancora molto del bosco affascinante che la circonda, le pareti tuttora in piedi sono costruite in blocchi (conci) di tufo – del resto siamo nel cuore dell’area del tufo[3] – e per accedervi bisogna camminare su un ponticello in legno che attraversa un fossato difensivo.
La Chiesaccia
Dopo aver visitato il primo castello (noto anche come Roccaccia) il sentiero prosegue lungo il bosco in direzione della Chiesaccia. In primavera e in estate la vegetazione è particolarmente rigogliosa e colorata e lungo il percorso si trovano indicate altre grotte, cui sono dedicati pannelli esplicativi.

Dopo pochi minuti di cammino si arriva alla Chiesaccia, a mio avviso la parte più scenografica della città perduta di Vitozza. La vegetazione del bosco si dirada e lentamente di fronte ai nostri occhi si compone l’immagine di una chiesa diroccata a cielo aperto, circondata da un prato, alberi e da elementi del paesaggio, colline e montagne circostanti. La visuale è ampia, sui resti della chiesa crescono ancora piante di edera e di fico, che forse non contribuiscono alla stabilità e alla longevità dei muri, ma senz’altro danno grande fascino alle rovine della chiesaccia.
Questa era un edificio religioso di epoca medievale, di cui ancora oggi si riconoscono la pianta rettangolare, l’abside e il campanile a vela. Al momento della mia visita, l’erba all’interno della chiesaccia era ben falciata e pertanto la struttura era facilmente visitabile.
Il Secondo Castello e i Colombari
Una volta visitata la chiesaccia, potete proseguire lungo il pianoro e arrivare alle rovine del secondo castello. Questo, in epoca medievale, era una fortificazione che aveva lo scopo di difendere la parte nord occidentale dello sperone tufaceo su cui sorgeva la città medievale di Vitozza (il primo castello, o Roccaccia, era a difesa della parte sud-est).

Con il sentiero che va dal primo al secondo castello, passando attraverso la Chiesaccia, si è così attraversata la città perduta di Vitozza. Ma il percorso continua e dal secondo castello si prosegue con il sentiero che scende verso il basso e conduce di fronte a una delle numerose indicazioni: sulla destra si prosegue verso la sorgente del fiume Lente, mentre sulla sinistra si continua con l’esplorazione del sito di Vitozza, direzione “Colombari”.
I colombari furono realizzati con ogni probabilità in epoca romana. In passato si pensava che fossero luoghi di sepoltura (strutture non dissimili di epoca romana ospitavano le ceneri dei defunti in ciascun loculo), ma in realtà erano utilizzati per l’allevamento di piccioni[4].

Una volta visitati i colombari, potete riprendere il sentiero che conduce in direzione della foresteria, senza dimenticarvi di visitare le numerose grotte presenti lungo il percorso.
Le grotte
La città medievale di Vitozza è letteralmente circondata di grotte scavate nella roccia (sono circa 200), poste per lo più alla base dello sperone roccioso su cui sorgeva la città. Alcune avevano una funzione esclusivamente abitativa, altre avevano un funzione mista, abitativa e di ricovero per animali. I ricoveri per gli animali potevano essere a un livello diverso (inferiore) rispetto all’abitazione, o in alcuni casi sullo stesso livello, ma in ambienti diversi.

Nel 1783 i Lorena – gli allora granduchi di Toscana – censirono la popolazione residente e alcune grotte in località Piancistalla (all’inizio del percorso, tra il parcheggio di San Quirico e la foresteria) risultavano ancora abitate. È probabile tuttavia che verso la fine del XVIII secolo anche queste ultime grotte fossero definitivamente abbandonate.

In passato le grotte dovevano avere dei muretti – di cui oggi non rimane pressoché traccia – che dividevano l’ambiente interno da quello esterno e sui quali si apriva una porta. Nelle grotte abitate sono riconoscibili resti di camini, canne fumarie, nicchie, ripiani e altri elementi utilizzati dalle persone che vi dimoravano, mentre in quelle riservate agli animali si possono riconoscere mangiatoie, nicchie per il ricovero dei più piccoli e altre attrezzature destinate agli animali[5].
Vitozza, breve storia della città perduta
Come si può intuire nel corso di una semplice camminata lungo i sentieri di Vitozza, l’antico abitato è strutturato su due livelli: uno è quello dell’architettura rupestre, l’altro è quello delle strutture medievali poste in posizione più elevata. Due livelli che, seppur in parte collegati e integrati tra loro, hanno una diversa origine.

Secondo gli studi effettuati[6], già prima del XII secolo nel sito di Vitozza era presente un villaggio, di cui le uniche tracce rimaste sono gli insediamenti rupestri scavati bella roccia. Nella seconda metà del XII secolo sarebbe iniziata la costruzione della cinta muraria e agli inizi del Duecento risalgono le prime testimonianze documentarie che testimoniano la presenza di un castello, da poco tempo acquisito dalla famiglia Aldobrandeschi.
In seguito Vitozza fu coinvolta in conflitti che videro coinvolti tra gli altri i Baschi, gli Orsini e il Comune di Siena. L’accordo di pace del 1455 concludeva le ostilità tra Siena e gli Orsini e sanciva la perdita di Vitozza da parte di Siena[7]. L’abitato, entrato ormai in crisi e divenuto difficilmente difendibile, fu progressivamente abbandonato e il centro amministrativo dell’area fu spostato a San Quirico. La città medievale iniziò la sua decadenza mentre le grotte, più facilmente restaurabili, furono abitate almeno fino al 1783, specialmente quelle poste in prossimità di San Quirico; una di queste, nota localmente come grotta della salnitraria, intorno al 1766 era probabilmente adibita alla produzione di salnitro[8].
Note
1 Fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Vitozza_(Sorano)↵
2 Piancistalla è il toponimo dell’area attraversata nella parte iniziale del percorso, tra il parcheggio e la foresteria.↵
3 Area del tufo: https://it.wikipedia.org/wiki/Area_del_tufo↵
4 Fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Vitozza_(Sorano)#Insediamento_rupestre_di_Vitozza↵
5 Parenti R., Vitozza, un insediamento rupestre nel territorio di Sorano.↵
6 Farinelli R., Francovich R., Guida alla Maremma medievale.↵
7 Parenti R., Vitozza, un insediamento rupestre nel territorio di Sorano.↵
8 Salnitro: https://it.wikipedia.org/wiki/Nitrato_di_potassio#Cenni_storici↵
Grazie mille della dovizia di particolari. Sono stati utilissimi
Grazie Ilaria per il commento, sono felicissimo che l’articolo sia stato utile. Buon proseguimento, e al prossimo viaggio