Il viaggio di Terra Incognita alla scoperta delle isole più remote del globo continua, questa volta in direzione di Rapa Iti: l’isola abitata più sperduta della Polinesia Francese. Una manciata di abitanti, una lussureggiante vegetazione tropicale e tutto attorno a perdita d’occhio l’oceano. Difficile arrivarci e impossibile dimenticarla.
Negli articoli precedenti ci siamo avventurati al largo delle coste cilene per scoprire i segreti dell’Isola di Robinson Crusoe e l’avventurosa storia di Alexander Selkirk: il naufrago più famoso di tutti i tempi.
Più a nord, trecento miglia a ovest di Punta Arenas, in Costa Rica, l’isola del Cocco ci ha raccontato storie di pirati e tesori sepolti, mentre nel sud dell’Atlantico l’isola di Tristan da Cunha riserva inaspettati e singolari legami con la città di Camogli e la Liguria. Tante le curiosità di quella che è conosciuta come l’isola abitata più remota del mondo.
Oggi proseguiamo il viaggio verso l’isola di Rapa Iti, la più meridionale delle isola australi:
- 48 Km2 di superficie;
- 507 abitanti (censimento 2017);
- 2 villaggi;
- 0 ospedali (solo un’infermeria);
- 0 piste di atterraggio;
- 1 strada;
- 326 miglia nautiche la distanza tra Rapa Iti e Vaivanae: l’isola abitata più vicina;

Rapa Iti e le altre isole australi della Polinesia francese
Le isole australi fanno parte della Polinesia Francese costituita da sei diversi arcipelaghi: Isole Marchesi, Isole della Società, l’arcipelago di Tuamotu, le isole Gambier, le isole australi e infine le isole di Bass di cui fanno parte Marotiri e Rapa.
Il piccolo arcipelago di Bass è il più meridionale della Polinesia Francese e l’isola di Rapa è l’unica abitata e la più grande. Conosciuta anche come Rapa Iti (piccola Rapa) per distinguerla da Rapa Nui (grande Rapa) quest’isola remota dell’Oceano Pacifico sembra però avere anche un altro nome. Durante il primo contatto con gli europei, avvenuto nel dicembre del 1791, gli indigeni si riferirono, infatti, alla loro isola con il termine di Oparo, nome che figura anche nelle antiche carte nautiche. Col tempo il vecchio nome è stato in parte abbandonato e oggi l’isola è conosciuta come Rapa Iti o più semplicemente Rapa.
Rapa Iti: la storia
La storia di Rapa inizia nel XVI secolo quando l’isola venne raggiunta per la prima volta dai polinesiani. Probabilmente a causa di problemi riconducibili alla scarsità di risorse si verificarono guerre che portarono alla costruzione dei celebri pare di Rapa Iti, fortificazioni ancora oggi visibili sulla sommità delle scogliere. Uno dei più grandi pare dell’isola è stato oggetto di una campagna di scavi nel 1956 da parte del navigatore ed esploratore norvegese Thor Heyerdahl.
Kon-Tiki
Thor Heyerdahl
Diario della spedizione in zattera dal Perù alla Polinesia

Il primo contatto con gli europei avvenne il 22 dicembre del 1791 come annotato nel diario di bordo dal comandante George Vancouver. L’equipaggio della nave non scese a terra, limitandosi a un’osservazione dell’isola a distanza. Furono gli abitanti di Rapa ad avvicinare la nave straniera: circa trecento indigeni su più lance. La comunicazione si rivelò difficile e gli europei, poco interessati a proseguire nell’esplorazione, abbandonarono dopo poco le acque della baia.

Nei decenni successivi la remota isola di Rapa sarà avvistata nuovamente nel 1802 dal capitano Roger Simpson, nel 1813 dal comandante Stephen Reynolds e nel 1820 da una spedizione russa.
Fatto singolare: da quando Rapa Iti era stata scoperta nel 1791 nessuno straniero aveva ancora messo piede sull’isola.
La fortuna, per gli abitanti di Rapa, sarebbe durata ancora per poco.

I primi a mettere piede sull’isola furono gli uomini della Snapper, una piccola goletta di una quarantina di tonnellate con al comando un certo Shout. La nave raggiunse l’isola nel luglio del 1825, gli uomini a bordo scesero a terra e tra le altre cose rapirono un paio di indigeni: Paparua e Aitareru che furono portati alla London Missionary Society di Thaiti. Il loro soggiorno presso la celebre isola della Polinesia Francese durò fino al settembre dello stesso anno quando furono riportati a casa. La storia si direbbe a lieto fine, se non fosse stato per quel primo incontro con l’equipaggio della Snapper a cui seguirono terribili epidemie[1] che colpirono la popolazione.
Quando i missionari arrivarono sull’isola di Rapa, nel 1826, trovarono una popolazione ridotta allo stremo. Negli anni successivi le cose peggiorarono drammaticamente e nel 1831 restavano solo 600 abitanti dei 2mila che originariamente abitavano l’isola: 357 adulti e 243 bambini.
La civilizzazione: armi, acciaio e malattie[2].
Armi, acciaio e malattie
Jared Diamond
Versione Kindle e Cartacea

Cosa vedere a Rapa Iti
Sull’isola di Rapa ci sono due villaggi, situati lungo la profonda insenatura che caratterizza l’isola. Il villaggio principale è quello di Haurei, mentre quello di Area è formato da una manciata di abitazioni. Ad Haurei si trovano l’ufficio postale, l’infermeria, il municipio, la scuola e due piccoli supermercati. Tutto quello che non viene coltivato o allevato sull’isola arriva a bordo della nave cargo Tuha’a Pae IV che fa scalo a Rapa Iti una volta al mese. Date un’occhiate alle info su come arrivare all’isola di Rapa per saperne di più.

I sentieri che si snodano lungo le colline di Rapa Iti consentono di accedere a punti panoramici spettacolari da cui si gode un colpo d’occhio unico sull’intera isola. I tumuli di Morongo Uta e Tevaitahu situati in posizione drammaticamente scenografica sono i resti delle antiche fortificazioni costruite dai vari clan a partire dal XV secolo.
Per saperne di più su cosa vedere e fare sulla remota isola di Rapa Iti consiglio di leggere il reportage[3] di viaggio scritto da Manuela Macori e pubblicato su Rivista Etnie.
Rapa Iti: un’isola dai tanti misteri
I pare: le piramidi di Rapa
Nel 1956 il navigatore ed esploratore norvegese Thor Heyerdahl giunse a Rapa Iti con l’intenzione di scavare le imponenti strutture situate lungo gli scoscesi crinali dell’isola. Si trattava delle piramidi di Rapa, conosciute con il termine di pare e oggi identificate come fortificazioni. Il più imponente, quello di Morongo Uta risale al XVII secolo, mentre il più antico sembra essere stato costruito nel XV secolo. Nella mappa in basso potete vedere (in rosso) le posizioni delle fortificazioni, dislocate a protezione delle varie insenature dell’isola di Rapa. La struttura dei pare o piramidi di Rapa è molto simile ad altri imponenti tumuli individuati sull’isola di Tahiti e su quella di Samoa. Quest’ultimo, conosciuto come Tumulo di Pulemelei è il più grande tra quelli scoperti nella Polinesia Francese.

C’è un aneddoto divertente a proposito della spedizione di Thor Heyerdahl sull’isola di Rapa, riportato da Manuela Macori su Rivista Etnie.
Durante gli scavi gli abitanti dell’isola entrarono in sciopero. Saranno pure stati fuori dal mondo, ma ritennero inappropriato il compenso elargito da Heyerdahl per l’attività di scavo. Lo stallo fu risolto dalle donne dell’isola che, guidate dall’insegnante originaria di Tahiti, sostituirono gli uomini nella campagna archeologica.
Nel 2002 un team composto da membri dell’Australian National University, dalla University of Oregon e dalla Université de Polynésie Française ha condotto una campagna archeologica per approfondire le ricerche sui pare di Rapa Iti.

La spinta alla costruzione di simili fortificazioni sembra essere stata la forte ed intensa competizione tra i vari clan dell’isola per le risorse a disposizione. Un po’ come è accaduto nella lontana Rapa Nui e la cui storia è raccontata da Jared Diamond nel suo libro Collasso[4]. Le ostilità e la competizione tra gli abitanti ha portato alla costruzione di villaggi fortificati sulla sommità delle colline, attorno ai quali sono stati rinvenuti antichi resti di abitazioni in legno. Se volete approfondire l’argomento potete leggere il report della missione[5] (in inglese) disponibile in pdf.
Collasso: come le società scelgono di morire o vivere
Jared Diamond
Versione Kindle e Cartacea

La strana storia di Marc Liblin
Mi sono imbattuto per la prima volta nella storia di Marc Liblin leggendo il libro Atlante delle isole remote di Judith Schalansky: guida indispensabile per gli amanti della solitudine. In breve è avvenuto questo.
Nel bel mezzo della regione dei Vosgi, siamo negli anni Quaranta, Marc Liblin è un bambino che durante la notte sogna un uomo che gli insegna una lingua sconosciuta. E questo sarebbe già abbastanza strano. Ma a stranezza si aggiunge stranezza. Dopo qualche tempo, infatti, Marc inizia a parlare quella strana lingua imparata nei sogni. Scherzi di bimbi? Immaginazione galoppante? Noia? Sia come sia Marc negli anni successivi diventerà bilingue: francese + strana lingua sconosciuta.
Quando Marc ha più o meno trent’anni, la sua storia suscita l’interesse di un professore di lingue dell’Università di Rennes; che ha evidentemente ha cuore cause di questo tipo e che soprattutto trova, con una certa sorpresa, in Marc una persona sobria ed equilibrata. I due stringono amicizia e nei successivi due anni tenteranno in vano di chiarire il mistero della strana lingua parlata da Marc. Determinante, nella risoluzione dell’enigma il gestore di un bar di Rennes frequentato da marinai. Il proprietario del bar ricorda di aver sentito parlare quella stessa lingua in un’isola sperduta della Polinesia Francese e, colpo di scena, proprio a Rennes abita la vedova di un marinaio originaria di quell’isola.
L’incontro tra Meretuini Make e Marc Liblin è da romanzo. I due, che neppure si conoscono, iniziano a parlare nella “loro” lingua, si frequentano e in breve non si separeranno più per i successivi venti anni. Dalla Francia si trasferiranno a Rapa Iti dove Marc Liblin svolgerà la professione di insegnante e insieme a Meretuini Make tireranno su quattro figli. Marc Liblin morirà a Rapa Iti all’età di cinquant’anni. Come diavolo abbia fatto a conoscere alla perfezione l’antico idioma di Rapa resta un bel mistero.
Atlante delle isole remote
Judith Schalansky
Cinquanta isole dove non sono mai andata e mai andrò

Rapa Iti e Rapa Nui: qualcosa in comune?
Siamo nel campo delle speculazioni, visto che gli antichi abitanti dell’isola di Pasqua e di Rapa Iti non hanno lasciato testimonianze scritte. Vero è che la lingua parlata a Rapa Nui ha molti punti in comune con quelle polinesiane. La prova, dunque, di una colonizzazione avvenuta da ovest verso est, a differenza di quanto ipotizzato da Thor Heyerdahl.
A questo si aggiungono leggende e tradizioni orali che, a seconda dell’isola, trovano in Rapa Iti o Rapa Nui il punto di partenza della colonizzazione.
Sia come sia, quello che rende il contatto tra le due isole stupefacente è la distanza di oceano che le separa. Gli antichi navigatori polinesiani a bordo di imbarcazioni simili al Kon-Tiki di Heyerdahl (realizzato in legno, foglie di banano e funi di canapa) coprirono oltre 2mila miglia alla velocità di circa 1,5 nodi (poco più di 2,5 Km/h). Più o meno la distanza che separa Roma da Reykjavik.

Rapa Iti: come arrivare e dove dormire
L’isola di Rapa non ha né un aeroporto, né servizi di traghetti capaci di raggiungere l’isola in tempi brevi. La nave cargo Tuha’a Pae IV parte ogni sei/dieci/dodici settimane (c’è molta confusione al riguardo!) dal porto di Papeete (Tahiti) e arriva dopo circa cinque giorni di navigazione ad Ahurei, il principale villaggio dell’isola.
Per arrivare all’isola di Rapa ed evitare il lungo viaggio in mare esistono comunque delle alternative. C’è chi ad esempio, come leggiamo in questo articolo[6] (in francese) ha preferito raggiungere in aereo l’aeroporto dell’isola di Tubuai e proseguire da qui in nave verso Rapa.
Altra soluzione, potrebbe essere quella di fare scalo sull’isola di Raivavae la più vicina a Rapa Iti e dotata di aeroporto e continuare il viaggio via nave risparmiando giorni di navigazione.
Segnaliamo che l’ancoraggio lungo la costa per le navi private è consentito, ma con limitazioni, visto che l’area attorno all’isola è sottoposta alla giurisdizione dell’autorità militare francese.
Sull’isola di Rapa Iti non ci sono hotel: l’unica soluzione possibile è quella di alloggiare presso una delle famiglie dell’isola. Prima di intraprendere il viaggio verso Rapa è essenziale contattare l’autorità che si occupa di approvare o meno le richieste di soggiorno per i non residenti.
Qui di seguito i contatti:
- telefono: 40 95 72 72
- mail: [email protected]
- pagina web: https://spc.pf/australes/rapa
Note
1 Rhys Richards, The Earliest Foreign Visitors andTheir Massive Depopulation of Rapa-itifrom 1824 to 1830, https://journals.openedition.org/jso/67?file=1↵
2 Riferimento fin troppo ovvio al libro Armi, acciaio e malattie scritto da Jared Diamond e tradotto da Luigi Civalleri. Edito in Italia da Einaudi. ↵
3 Manuela Macori, Viaggio nella remota isola di Rapa Iti, ai confini estremi della Polinesia, 27/01/2017, Rivista Etnie, www.rivistaetnie.com/viaggio-rapa-iti-75332/↵
4 Jared Diamond, Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere, Einaudi.↵
5 Atholl Anderson, Douglas J. Kennett, Eric Conte, Archeological research on Rapa Island, French Polynesia, http://press-files.anu.edu.au/downloads/press/p204851/pdf/ch013.pdf↵
6 Mel Loves Travels, Chronique de Polynésie: le jour où j’ai enfin visité Rapa Iti, https://mellovestravels.com/chroniques-de-polynesie-le-jour-ou-jai-enfin-visite-rapa-iti/↵