Mappe strane e molto belle

Quello che state per leggere è un articolo su dieci mappe piuttosto strane che non servono a niente. Non ci trovate sopra gli orari del cinema, difficile utilizzarle come stradario, ancora più complicato puntare a dove abitate. Sì ma allora a cosa servono? Per la maggior parte sono mappe antiche, ma inutili a fini pratici. Sì ma allora a cosa servono? Sono mappe strane, belle da vedere. Sì ma serviranno pure a qualcosa, oppure no?

La mappa nel cappello del giullare

Il mondo è degli stolti. Questa in sintesi la scoraggiante avvertenza contenuta nella mappa del giullare. Nelle sue orecchie leggiamo un’arguzia attribuita al filosofo stoico Lucio Anneo Cornuto che già al tempo di Nerone (60 d. C.) si chiedeva Auriculas asini quis non habet? (Chi non ha orecchie d’asino?), confermando le doti satiriche del filosofo e la scarsa pazienza dell’imperatore che lo fece bandire da Roma qualche anno dopo. Sotto la mappa, all’altezza del mento, troviamo un’ulteriore conferma all’affermazione precedente, Stultorum infinitus est numerus, citazione tratta dall’Ecclesiaste che non lascia scampo all’intelligenza.

Mappa del mondo nel cappello del Giullare
Mappa nel cappello del Giullare (fine XVI sec.) Epichtonius Cosmopolites (pseudonym) via Wikimedia Commons

Di questa mappa conosciamo poco o nulla. La sua datazione è incerta, collocata da qualche parte alla fine del XVI secolo. Stesso discorso per l’attribuzione. Come possibile autore è stato chiamato in causa Oronzio Fineo, matematico e cartografo francese il cui nome compare nell’angolo in alto a sinistra. Ma ancora una volta la mappa del giullare sembra sfuggire a qualunque interpretazione lineare. Più che una firma, quel nome suggerirebbe, come alcuni ritengono[1], l’oggetto del ridicolo. Nel 1524 Fineo fu infatti incarcerato con l’accusa di aver esercitato pratiche occulte come l’astrologia giudiziaria. Unico punto di contatto tra Fineo e la mappa è la proiezione cartografica cordiforme[2] (a cuore) introdotta dal matematico francese e diffusasi in tutta Europa nel corso del XVI secolo.

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C’è però una carta precedente a quella del giullare che potrebbe aver fornito, all’anonimo autore un modello a cui ispirarsi. Quella in basso fu realizzata da Jean de Gourmont nel 1575. È ancora una volta il giullare a parlare. L’unico che lo possa fare senza paura di essere preso sul serio.

Il mondo nel cappello del giullare Jean de Gourmont
Mappa del Giullare, Jean de Gourmont (1575) CC-BY-NC-ND-3.0 via /longstreet.typepad.com

Il mondo in un trifoglio, l’Europa in una vergine, l’Asia in un cavallo (alato)

Le rappresentazioni cartografiche di Heinrich Bünting hanno il vantaggio di calamitare l’attenzione a dispetto di qualunque utilità pratica. Fanno parte delle tante mappe presenti nell’Itinerarium Tarrae Sanctae pubblicato nel 1581 e in seguito ristampato oltre sessanta volte. Il testo è una guida di viaggio ai luoghi biblici della Palestina. Partendo da Adamo e proseguendo con i profeti arriva agli autori del Nuovo Testamento, menzionando città, fiumi, laghi e naturalmente Gerusalemme: centro cartografico della mappa a trifoglio.

Mappa a fiore con Europa, Asia e Africa
Mappa a trifoglio di H. Bünting (1581) Heinrich Bünting, via Wikimedia Commons

Bünting attinge in questo caso alla tradizione cartografica medievale, alle mappa mundi dove l’immagine del mondo viene definita dalla teologia e non dalla geografia, con lo spazio fisico rappresentato, in funzione di quello spirituale. Ma l’autore, originario di Hannover, resta comunque un uomo del proprio tempo, di fede luterana e suddito dell’imperatore Rodolfo II. Nella mappa dell’Europa, racchiusa nell’immagine di una Vergine, al cuore dello spazio geografico troviamo la città di Praga dove nel 1584 era stata trasferita da Vienna la capitale imperiale.

L'Europa nella forma di una donna
Europa in forma Virginis, di H. Bünting (1582) Heinrich Bünting, via Wikimedia Commons

Non mancano poi nell’Itinerarium rielaborazioni in chiave mitologica di quello spazio geografico che dalle conquiste di Alessandro il Macedone era entrato a far parte dell’immaginario europeo. I confini dell’Asia si piegano a un simbolismo animale che poco ha a che vedere con la precisione cartografica e molto con le intenzioni estetiche dell’autore. Gran parte del successo dell’opera è dovuto proprio alla bellezza delle sue mappe, prodotti ricercati da una committenza sempre più intrigata da curiosità e mirabilia.

L'Asia nella forma del cavallo Pegaso
Asia in forma Pegasir di H. Bünting (1580) Heinrich Bünting, via Wikimedia Commons

Il Leo Belgicus e il Polpo russo

Le mappe di propaganda mostrano la faccia di un Giano bifronte, armato degli strumenti della cartografia per infiammare gli sforzi degli alleati e incrinare quelli del nemico. La prima versione del Leo Belgicus risale al 1583 con i Paesi Bassi impegnati in una guerra d’indipendenza dalla corona spagnola che andava avanti da dieci anni e ne sarebbe durati altri settanta. L’unità territoriale rappresentata nella forma del leone racchiude grossomodo i confini degli attuali Belgio, Olanda e Lussemburgo che ancora oggi condividono il leone come simbolo araldico. L’immagine è stata così potente da essere utilizzata per decenni dalla propaganda di questi Paesi, con versioni ad hoc come il Leo Hollandicus dove troviamo solo i territori settentrionali dell’allora Repubblica d’Olanda.

Il Benelux nella forma di un leone
Leo Belgicus di H. A. M. van der Heijden (1611 ca.) Claes Janszoon Visscher II, via Wikimedia Commons

A riprova delle suggestioni esercitate dalle mappe di propaganda in versione animale, le serio-comic map di Fred Rose realizzate dall’artista britannico nella seconda metà dell’Ottocento. Questione spinosa quella dell’orso russo che nel contesto del grande gioco impensieriva gli inglesi, mettendone a rischio i traffici commerciali in Asia centrale. Nel caso specifico la mappa di Rose rielabora timori marittimi di polpi e piovre giganti, in una cornice cartografica che attribuisce all’Impero Russo tentativi di penetrazione nel cuore dell’Europa. Se la grande piovra zarista mette paura, la satira di Rose non risparmia neppure la Turchia, prostrata ai suoi piedi, il re del Belgio, impegnato ad arraffare oro, Francia e Germania in perenne tensione. Meglio sembra passarsela l’Italia, nella forma di una giovane donna che festeggia, gioiosa, la sua ritrovata libertà.

Serio- comic map di E. Quin con la Russia nella forma di un polpo.
Serio-comic map di F. Rose (1877) Rose, Fred. W. (Frederick W.), artist., via Wikimedia Commons

Airopaidia: le mappe volanti di Thomas Baldwin

Le traiettorie di Vincenzo Lunardi e Thomas Baldwin s’intrecciano in un mattino di Settembre del 1785. Cielo sereno con qualche nuvola e brezza leggera sopra la città di Chester, una ventina di chilometri a sud di Liverpool. In un campo scelto per l’occasione l’inventore italiano e l’aeronauta britannico insufflano idrogeno e controllano funi, augurandosi che tutto vada per il meglio. Giusto due anni prima i Fratelli Montgolfier avevano portato a termine, con successo, la prima ascensione a bordo di un pallone aerostatico. Lunardi e Baldwin intendono fare lo stesso. Con un’idea, però, che renderà la loro gita sopra la campagna inglese memorabile per la storia della cartografia. Nel resoconto dettagliato dell’escursione scritto da Baldwin compaiono infatti le prime rappresentazioni aeree di un territorio.

La città di Chster dalla mongolfiera, illustrazione di T. Baldwin.
Illustrazione tratta da Airopaidia di T. Baldwin (1876) Houghton Library, via Wikimedia Commons

Il tentativo di comunicare ai lettori, in maniera visuale, l’esperienza vissuta è uno scarto di prospettiva che rende Airopaidia or Aerial Recreation[3] (1786) un testo unico nel suo genere. È solo a partire dal 1830 che ad altri aeronauti[4] sarebbe venuto in mente di realizzare immagini simili delle loro escursioni aeree. Il risultato ottenuto (immagine in alto) ricorda un grande occhio circondato da nuvole con al centro dell’iride la città di Chester e il fiume che l’attraversa. La corona azzurrina ai margini del quadro è un tentativo, da parte di Baldwin, di conferire profondità alla scena. L’esecuzione non è certo delle migliori, ma lo sforzo è decisamente significativo.

Al pari delle mappe che mostrano l’itinerario percorso dalla mongolfiera sopra la campagna inglese. La traccia seguita dagli aeronauti è segnalata con una linea sottile di colore nero che attraversa corsi d’acqua e centri abitati. A questa mappa se ne aggiunge una terza che funziona da legenda per la precedente. La consapevolezza di stare vivendo un tipo di esperienza totalmente nuova, si traduce nel desiderio di trasmetterne, non solo gli aspetti tecnici, meteorologici e fisici, ma l’emozione stessa derivata dall’osservazione. All’epoca le mappe volanti di Baldwin ebbero scarso successo e come la sua Airopaidia furono presto dimenticate.

L’Historical Atlas di Edward Quin

La luce di una candela sembra illuminare il centro della mappa. Nuvole nere nascondono il resto dello spazio geografico. Il mondo cristiano e civilizzato da un lato. Tutto il resto in attesa di emergere dalle nebbie dell’ignoranza e della barbarie. Attraverso le 19 mappe del suo Historical Atlas Edward Quin ripercorre la storia del mondo da un minuscolo nucleo fondativo, rappresentato dal Diluvio, fino alla grandiosa visione priva di oscurità, ma non esente da pericoli, dell’anno 1828. Determinante per il successo dell’opera le innovazioni apportate[5], dall’uso dello spazio negativo, drammaticamente rappresentato da una nebbia nera, alla capacità di veicolare la propaganda colonialista dell’impero britannico.

La scoperta dell'America, illustrazione di E. Quin.
A.D. 1498. The Discovery Of America di E. Quin (1830) David Rumsey Collection CC BY-NC-SA 3.0

La prospettiva cartografica adottata da Quin riesce nel difficile tentativo di inquietare e rassicurare al tempo stesso. Oltre i confini dell’impero il mondo è un posto tutt’altro che piacevole ed è la mancanza di luce, quella della cultura e della ragione, a legittimarne la pericolosità. Quello mostrato da Quin è uno spazio geografico che esiste solo in funzione di Stati e Imperi, che compaiono nelle sue mappe in colori diversi. Il resto, abitato da tribù che non possiedono governi, istituzioni stabili o confini territoriali precisi, non vale neppure la pena di essere rappresentato. Un mondo terribilmente semplice quello tracciato da Quin.

Illustrazione del mondo alla morte di Carlo V tratta dall'Historical Atlas di E. Quin
Il mondo alla morte di Carlo V, E. Quin (1830) David Rumsey Collection CC BY-NC-SA 3.0

Dalla Terra piatta a quella cava

Che le due ipotesi possano difficilmente coincidere è questione piuttosto evidente. Che i rispettivi sostenitori se ne freghino è altrettanto sconfortante. Se il terrapiattismo ha conosciuto negli ultimi tempi inaspettati revival il merito va attribuito anche a personaggi come Orlando Ferguson. La sua mappa della Terra piatta, disegnata nel 1893, è uno splendido esempio di geografia fantastica, non esente da fascino, a dispetto della sua totale assurdità. Oltretutto non è neppure piatta piatta. Nel 2011 la notizia della sua acquisizione da parte della Libreria del Congresso ha generato un certa sorpresa, riaccendendo le speculazioni su di un possibile complotto cartografico. Non ci sono dubbi che Ferguson fosse fedele alla propria teoria e il desiderio di condividerla è confermato dalla richiesta di 25 cents che compare in basso a destra. Un quarto di dollaro per ottenere in cambio un libro che vale il suo peso in oro, promette l’autore.

Mappa della Terra piatta di O. Ferguson
Illustrazione della Terra piatta di O. Ferguson (1893) Public domain, via Wikimedia Commons

Più articolata la figura di Walter Siegmeister, alias Raymond W. Bernard, nom de plume con cui ha pubblicato svariati volumi a partire dalla prima metà del secolo scorso. Nel suo testo più conosciuto, dall’inequivocabile titolo The Hollow earth (La Terra cava), si concentrano le passioni[6] dell’autore per la fantascienza, l’occultismo, gli alieni e la paura di un’ecatombe nucleare, non esente da suggestioni messianiche nelle quali è facile riconoscere le aspettative dello stesso Siegmeister. La sua mappa della terra cava è stata più volte saccheggiata per legittimare ipotesi di tunnel segreti sotto il massiccio dell’Himalaya, aperture nascoste ai Poli e la presenza di basi aliene, o naziste, o di nazi-alieni nel sottosuolo dell’Antartide. C’è anche un pezzo d’Italia nella mappa di Siegmeister, con l’isola d’Ischia e il monte Epomeo, unico accesso nel nostro Paese al mondo sotterraneo. Non proprio una novità, visto che Jules Verne, un centinaio di anni prima aveva ambientato sull’isola di Stromboli il finale di Viaggio al centro della terra.

Disegno della Terra Cava (Bernard)
Mappa della Terra Cava, disegno di W. Siegmeister, via Flickr da Tom Wigley CC BY-NC-SA 2.0

L’Atlas aléatoire di Clara Dealberto

Illustratrice e infografica, Clara Dealberto propone la sua personale visione cartografica in un atlante casuale (aléatoire) di un continente immaginario, dove i confini dei singoli Stati si sovrappongono a formare sorprendenti geografie di territori inventati. Il gioco è tutto qui, più facile da giocare che da spiegare, ma vi assicuro che la curiosità di ottenere sempre nuove combinazioni è una tentazione a cui è difficile resistere.

Illustrazione di Clara Dealberto dall'Atlas aléatoire.
Il Senegal e la Danimarca nell’illustrazione di Clara Dealberto, da Goumprod
Illustrazione dall'Atlas aléatoire.
L’Islanda e l’Etiopia, Clara Dealberto da Goumprod
Il Mali e l’Islanda, Clara Dealberto da Goumprod

Note

1 L. Young, The Enduring Mystery of the ‘Fool’s Cap Map of the World, Atlas Obscura, da https://www.atlasobscura.com/articles/16th-century-fools-map

2 J. Brotton, La storia del mondo in dodici mappe, Feltrinelli, 2015, pagina 258

3 T. Baldwin, Airopaidia or Aerial Recreation, 1786, da https://archive.org/details/Airopaidia00Bald/page/n3/mode/2up

4 L. Ford, “For the Sake of the Prospect”, Public Domain Review, da https://publicdomainreview.org/essay/for-the-sake-of-the-prospect-experiencing-the-world-from-above-in-the-late-18th-century

5 H. Dukes, Clouds of Unknowing: Edward Quin’s Historical Atlas, Public Domain Reviw, da https://publicdomainreview.org/collection/edward-quin-historical-atlas

6 W. Kafton-Minkel, Mondi sotterranei. Il mito della Terra Cava, Edizioni Mediterranee, 2012, pag. 250 e sgg.

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