Vale la pena ammettere che di North Sentinel Island e dei suoi abitanti, i sentinelesi, sappiamo poco o nulla. La prima è un’isola tropicale, grande poco meno di Manhattan e coperta da foresta pluviale. Alberi del cotone e della seta, fichi strangolatori e foreste di mangrovie sono verosimilmente le specie arboree più diffuse sull’isola. Della fauna che la abita i granchi del cocco sono la specie più abbondante, al pari degli uccelli che la utilizzano come zona rifugio per le loro migrazioni. Nelle isole più antropizzate, verso est, non tira una bella aria. Dei sentinelesi conosciamo ancora meno. Il loro numero è una scommessa: cinquanta, forse cento o quattrocento. Difficile essere più precisi; impossibile verificare. I sentinelesi non permettono a nessuno di avvicinarsi alla loro isola, figurarsi penetrare nell’entroterra per compiere un censimento.

La costa è una sottile striscia di sabbia. Un confine inaccessibile che circonda l’isola. Cosa ci sia all’interno non è dato sapere. L’ultimo ad averci messo piede è stato l’ufficiale britannico Maurice Vidal Portman, che alla fine dell’Ottocento visitò l’isola di North Sentinel, portando via quattro adulti e due bambini. Pessimo inizio per i futuri contatti. A un chilometro dalla costa, la barriera corallina circonda l’isola, rendendo insicuro l’attracco e pericolosa la navigazione. L’ultima a farne le spese la nave cargo Pimrose, incagliatasi lungo le sue coste nel 1981. Mentre alcuni sentinelesi tenevano d’occhio la situazione con archi e frecce, altri costruivano un’imbarcazione per assaltare la nave. Per dire dell’accoglienza riservata agli stranieri.
Relitto della PimroseLa fama che circonda l’isola di North Sentinel è da romanzo, al pari di quella dei suoi abitanti. Siamo dalle parti di Stevenson, isole sperdute e selvagge, ma navighiamo anche lungo rotte più oscure e ambigue che incrociano i romanzi di Conrad e i racconti di Kipling.
Fregandosene di tutto questo i sentinelesi e la loro isola mantengono intatti i propri segreti, difendendoli con la determinazione di una delle ultime tribù mai contattate del globo.
North Sentinel e le isole delle Andamane
Composto da più di cinquecento isole, tra grandi e piccole, l’arcipelago delle Andamane si sviluppa lungo una direttrice nord-sud nel Golfo del Bengala. Dal suo punto più settentrionale, costituito dall’isolotto di Landfall, al suo limite meridionale, su Little Andaman, l’intero arcipelago misura poco meno di cinquecento chilometri. Le coste dell’India, di cui fa parte, ne distano almeno novecento. Più vicine quelle del Myanmar, a “soli” trecento chilometri in direzione nord-est. Un posto remoto, lungo la rotta monsonica, impiegato fin dal IX secolo d. C. per l’approvvigionamento di acqua e viveri da parte dei convogli mercantili. Un luogo di passaggio e privo di interesse, dal punto di vista commerciale, se paragonato ai ricchissimi mercati della Malesia e dell’India continentale. Una fortuna per le tribù indigene che vi abitavano da almeno ventimila anni.

Nella mappa delle Andamane l’isola di North Sentinel appare come un punto minuscolo, trenta miglia nautiche a ovest di South Andaman, la terza maggiore isola dell’arcipelago. L’accesso alle sue coste, la pesca e gli sbarchi sono vietati, per quanto a partire dal 2018 un rilassamento delle misure restrittive abbia avuto, come conseguenza, l’eliminazione dell’isola dalla lista delle restricted area[1]. Si tratta di particolari territori, in India, visitabili esclusivamente con speciali permessi.
Questo non vuol dire che sia possibile raggiungere o soggiornare sull’isola di North Sentinel, ma l’allentamento del regolamento ha comunque preoccupato gruppi come Survival International impegnati nella protezione di popoli indigeni mai contattati. Il Ministero degli Affari Interni delle Andamane e Nicobare ha motivato la decisione con l’intenzione di garantire ad antropologi e ricercatori un più facile accesso all’isola.
Che sia una buona idea, è tutto da vedere.
Primi contatti
L’interesse degli europei per l’isola di North Sentinel e i suoi abitanti è stato fin dall’inizio piuttosto marginale. Come vedremo nel paragrafo successivo, gli ufficiali britannici avrebbero concentrato, nel corso dell’ottocento, la maggior parte della loro attenzione sulle isole maggiori dell’arcipelago, lasciando in relativa pace i sentinelesi. Le testimonianze più vecchie risalgono al 1771, quando l’isola fu avvistata per la prima volta dalla nave Diligent, impegnata in una missione idrografica per conto della Compagnia delle Indie Orientali. Nel 1867 l’ufficiale coloniale Jeremiah Hamfray è il primo occidentale a sbarcare su North Sentinel. Nel suo diario riporta l’incontro con alcuni indigeni, impegnati in attività di pesca con arco e frecce. Una decina d’anni dopo sarà la volta dell’ufficiale Maurice Vidal Portman che dal 1883 al 1887 compirà su North Sentinel tre missioni. Dalla prima tornerà con un bottino di due adulti e quattro bambini, rapiti sull’isola. I primi moriranno per malattia pochi mesi dopo. I secondi verranno ricondotti su North Sentinel, probabilmente malati, incrinando irrimediabilmente le relazioni tra i sentinelesi e gli stranieri bianchi.

Negli anni successivi il governo coloniale perderà progressivamente interesse nei confronti dell’isola. L’aggressività dei suoi abitanti, la mancanza di porti naturali e l’assenza di risorse appetibili, contribuiranno all’isolamento di North Sentinel. Nelle isole maggiori, invece, la “civilizzazione” avrà il volto spietato delle colonie penali britanniche.
Una storia da ricordare
A seguito della ribellione indiana del 1857 le isole Andamane vennero scelte dal governo coloniale britannico come luogo di detenzione dei rivoltosi. La decisione scaturiva sia da ragioni pratiche, le carceri del subcontinente non riuscivano a contenere il crescente numero di coscritti; sia da motivazioni strategiche con l’obiettivo di spezzare la resistenza psicologica dei prigionieri allontanandoli quanto più possibile dalla loro terra d’origine. L’attraversamento della grande acqua del Golfo del Bengala, rappresentava per molti indiani un tabù religioso e sociale conosciuto come kala pani (acqua nera).

Rimaste per millenni isolate a se stesse, gli antropologi stimano la presenza indigena sull’arcipelago a oltre 26mila anni fa, gli abitanti delle Andamane si ritrovarono nel giro di pochi anni ad affrontare la difficile convivenza con le colonie penali britanniche. Il primo scontro documentato tra indigeni e stranieri si verifica nell’aprile del 1859 nei pressi di Ross Island, divenuta, nel frattempo, un penitenziario di massima sicurezza. Negli anni successivi, l’acciaio delle armi e le malattie ridurranno progressivamente la popolazione indigena a poche centinaia di membri. Dei cinque gruppi tribali originari ne sopravviveranno soltanto quattro e di questi quattro il gruppo un tempo più numeroso, quello dei Grandi Andamanesi, verrà progressivamente confinato sulla piccola isola di Ross. Peggio toccherà ai Jangil, dichiarati estinti nel 1920. Un genocidio dal quale i sentinelesi sono rimasti ai margini, protetti dalla distanza, da una fama di guerrieri e cannibali e dalla fortunosa assenza di risorse sulla loro isola.

Nuovi incontri con i Sentinelesi
In seguito alla decisione del governo indiano di dichiarare North Sentinel riserva tribale (1956), l’accesso all’isola viene formalmente proibito e sottoposto a speciali permessi. L’intenzione è quella di evitare qualunque tipo di interazione con l’esterno che potrebbe compromettere la sopravvivenza stessa della tribù. In questa nuova fase la prima missione ufficiale viene condotta nel 1967 da un gruppo di venti uomini guidati da T. N. Pandit, il primo antropologo a sbarcare sull’isola. La missione riesce a penetrare per qualche chilometro nell’entroterra. Vengono avvistate alcune capanne abbandonate e oggetti d’uso comune: frecce, archi, cesti di canna e reti da pesca. I ricercatori lasciano dietro di sé alcuni doni portati per l’occasione, ma non viene registrato nessun contatto diretto con i sentinelesi.
Sei anni dopo (1974) una missione del National Geographic, a cui parteciperà lo stesso Pandit, raggiunge l’isola di North Sentinel con l’intenzione di lasciare regali e facilitare così un possibile contatto con gli abitanti. Ad accoglierli un nugolo di frecce, verrà colpito anche il regista e una generale diffidenza da parte dei membri della tribù che non consentiranno al gruppo di raggiungere la costa. I sentinelesi scompariranno nell’entroterra portando con sé le noci di cocco offerte dal gruppo e alcune pentole d’acciaio portate in dono. Il cocco, assente sull’isola, e apprezzatissimo dai sentinelesi, sarà più volte impiegato dagli antropologi per avvicinare gli abitanti.

Nel gennaio del 1991 Madhumala Chattopadhyay è la prima donna a raggiungere l’isola di North Sentinel e la prima antropologa a stabilire un contatto pacifico con i sentinelesi. Lo scambio di doni, cocco in particolare, avviene con iniziale diffidenza e a debita distanza gli uni dagli altri, ma si risolve in breve in un contatto diretto con gli abitanti di North Sentinel che accetteranno i regali direttamente dalle mani dei ricercatori. Negli ultimi anni sia la Chattopadhyay che Pandit hanno più volte riconosciuto l’importanza di ridurre al minimo i contatti con gli abitanti di North Sentinel per evitare la diffusione di epidemie letali per la popolazione dell’isola. La recente morte di un missionario statunitense, sbarcato sull’isola nel 2018 per convertire i sentinelesi, e ucciso da una freccia, ha riacceso le polemiche sull’opportunità o meno di un contatto. T. N. Pandit, in un’intervista, ha posto la questione in questi termini: “We are the ones trying to enter their territory” e, prosegue, We should respect their wish to be left alone”[2]. Un punto di vista simile a quello di Madhumala Chattopadhyay: “The tribes have been living on the islands for centuries without any problem […] do not need outsiders to protect them, what they need is to be left alone”[3].
Di quali altre ragioni dovremmo aver bisogno perché vengano lasciati in pace?
Riassumendo: 4 domande su North Sentinel e i Sentinelesi
Quanti sono i sentinelesi?
Il numero degli abitanti di North Sentinel è attualmente sconosciuto. Le ipotesi più probabili vanno da un minimo di 50 a un massimo di 200 individui.
Da quanto tempo i sentinelesi vivono sull’isola?
La forbice temporale va da un massimo di 60mila anni fa a un minimo di 25mila. Quest’ultima datazione pare quella più attendibile, supportata da prove geologiche, linguistiche e genetiche. Il ponte terrestre che nell’ultimo massimo glaciale univa India nord-orientale e Myanmar all’arcipelago delle Andamane avrebbe consentito il passaggio di cacciatori raccoglitori sulle isole; il conseguente innalzamento dei livelli del mare ha favorito l’isolamento dei diversi gruppi tribali, compresi i sentinelesi.

Perché parliamo di tribù mai contattata?
Come ci ricorda Survival International non esistono, in assoluto, tribù incontattate, e l’espressione si rivela, spesso, fuorviante e affetta da sensazionalismo. In generale gruppi di questo tipo mantengono relazioni poco amichevoli con le culture e società dominanti, pur stabilendo contatti sporadici con gruppi vicini.
Come vivono i sentinelesi?
Poco o nulla conosciamo delle abitudini dei sentinelesi. Cacciatori e raccoglitori si dedicano alla pesca con arco e frecce, oltre all’impiego di reti rudimentali trovate in prossimità delle capanne. Al momento non sappiamo se conoscono o meno l’agricoltura. L’impiego del ferro, per le punte di freccia, deriva con tutta probabilità dai materiali recuperati a bordo delle imbarcazioni naufragate contro la barriera corallina che circonda l’isola. L’uso di imbarcazioni è limitato alla costa.
Note
1 Andaman & Nicobare Police, 18 gennaio 2022, da https://police.andaman.gov.in/index.php/en/2013-10-13-13-21-25/foreigners/for-foreign-tourist.html↵
2 S. Natarajan, The man who spent decades befriending isolated Sentinelese tribe, BBC, 27 Novembre 2018, da https://www.bbc.com/news/world-asia-india-46350130 trad. siamo noi a cercare di entrare nel loro territorio e dovremmo rispettare il loro desiderio di essere lasciati da soli.↵
3 F. Zakeer, Meet the first woman to contact one of the world’s most isolated tribes, National Geographic, 7 Dicembre 2018, da https://www.nationalgeographic.com/culture/article/first-woman-chattopadhyay-contact-sentinelese-andaman trad. Le tribù hanno vissuto per secoli sulle isole senza problemi […] non hanno bisogno che gli stranieri li proteggano, ciò di cui hanno bisogno è di essere lasciati da soli.↵