Il santuario di Ise è coperto da una pioggia leggera. Le nubi avvolgono dolcemente la foresta e sembrano proteggere il mistero di questo luogo, definito qui nel museo del Sengukan come Soul of Japan. Non è solo uno spot, mi dico, perché in questo complesso di oltre cento santuari shintoisti, l’Ise Jingu, si nasconde qualcosa di davvero speciale.
Dalla vetrata del museo osservo lo stagno, il verde intenso delle piante e penso che l’essenza dello shintoismo sia custodita nei boschi di queste montagne. I santuari sono luoghi in cui pregare, in cui emerge la parte cosciente, visibile e rituale dello shinto. La parte nascosta, più viscerale e vitale, ho l’impressione che si celi tra queste foreste, dove vivono i kami e tutto ciò che dà senso ai santuari stessi.

Lo shintoismo è la religione della nascita, della vita e la sua forza travolgente e gioiosa, che trova fonte nella natura, pervade la regione di Ise-Shima. Ho avuto la fortuna e il privilegio di visitare questi luoghi, che custodiscono tradizioni e una vitalità armoniosa in grado di travolgere i sensi. Dal mistero del santuario di Ise, al villaggio delle pescatrici Ama, fino ai paesaggi marini della baia di Ago, vi invito con questa guida a visitare Ise, una vera terra incognita del Giappone.
Come arrivare a Ise
Vi consiglio di soggiornare nella cittadina di Ise (伊勢). L’ho trovata un’ottima base per esplorare l’Ise Jingu e la regione di Ise-Shima (penisola di Shima), nella prefettura di Mie.

Si arriva a Ise partendo da Osaka. Il mezzo più economico è il Kintetsu Limited Express diretto a Kashikojima: circa due treni ogni ora, che partono uno dalla stazione di Namba e l’altro da Osaka-Uehonmachi. Il percorso dura poco più di due ore.
Per salire sul primo (quello cioè che parte da Namba), da Umeda bisogna prendere la metro Midosuji Line in direzione Nakamozu, per poi scendere a Namba.
Per l’altro, dalla stazione di Osaka si prende la Osaka Loop Line Yamatoji-Rapid in direzione Tennoji; si scende a Tsuruhashi per prendere da qui il Kintetsu Limited Express. Se avete tempo, vi consiglio di usare questa seconda opzione, che personalmente ho scelto: immediatamente fuori dalla stazione di Tsuruhashi c’è infatti la più grande Korean Town del Giappone, un luogo assolutamente da esplorare!
Se avete il Japan Rail Pass, vi potrebbe convenire partire da Shin-Osaka e prendere il JR Tokaido Shinkansen diretto a Nagoya. Una volta a Nagoya, prendete il Rapid Mie in direzione Toba. A quanto pare, siccome alcuni tratti percorsi dal Rapid Mie non sono di competenza JR, anche se dotati JR Pass dovrete pagare a bordo del treno un supplemento di 520 yen (aggiornato al 05/07/2023).
Santuario di Ise: il cuore dello Shintoismo
Quello di Ise non è un santuario qualsiasi. Si vanta dell’appellativo di Jingu (神宮), riservato ai santuari di rango superiore, di importanza nazionale. L’Ise-Jingu è un complesso di 125 santuari (Jinja, 神社), raggruppati in due aree: una interna (Naiku), dedicata alla divinità Amaterasu Omikami, e una più esterna (Geku), dedicata alla divinità Toyouke no Omikami.
Nel Santuario di Ise è custodito lo Specchio Sacro, uno dei tre tesori sacri delle insegne imperiali, non accessibile ai laici. È un segreto gelosamente custodito che, secondo la mitologia giapponese, è legato alla divinità Amaterasu e, dopo alcuni passaggi, giunse nella mani della casa imperiale.

Amaterasu è la dea del sole, considerata antenata diretta della famiglia imperiale. Si capisce perché l’Ise Jingu è il più importante sito dello shintoismo e destinatario di una pratica costosa come lo Shikinen Sengu, che prevede la sua ricostruzione ogni venti anni. La prossima ricostruzione – non di tutto il santuario, solo degli edifici principali – è prevista per il 2033.
Guida al Santuario di Ise
Al Geku, il santuario più esterno, si arriva in pochi minuti a piedi dalla stazione di Ise (Iseshi Station). Il Naiku, più distante, è facilmente raggiungibile con i bus che partono da entrambe stazioni di Ise: Iseshi e Ujiyamada.
I due santuari distano sei chilometri l’uno dall’altro. Se avete tempo ed energia, dal Geku potete prendere il cammino del Furuichi Sangu-Kaido (古市参宮街道). Non ho percorso, ma a quanto pare non è così indimenticabile, a parte l’ultimo tratto che attraversa il villaggio di Oharaimachi.
Come priorità, consiglio di visitare prima il Naiku, più affascinante e intenso.
Ujibashi (ponte di Uji)

Per entrare in un regno sacro come quello del Naiku, bisogna attraversare l’Ujibashi, un ponte che collega il divino con il mortale. I due mondi sono separati dalle acque limpide del fiume Isuzu (Isuzugawa). Alle due estremità del ponte si trovano gli immancabili torii, i portali che segnano l’ingresso in un’area sacra.
Lo stile architettonico dell’Ujibashi è chiaramente giapponese e viene ricostruito ogni vent’anni come parte dello Shikinen Sengu.
Naiku
Superando l’Ujibashi si entra in un luogo sacro, e la sensazione di essere entrato in un’altra dimensione mi pervade. Dopo il ponte sono accolto da un lungo viale curato, poi trovo ancora torii e più avanti un punto di accesso all’Isuzugawa. Pur trovandomi in un santuario shintoista, religione che celebra a vita, la vista del fiume mi fa venire in mente lo Stige.

Penso che per essere davvero shintoisti bisona nascerci. Oltre a questo, confesso che le conoscenze in materia non sono chissà che. Eppure, credo che la conoscenza, seppure utile, non sia strettamente necessaria per apprezzare il Naiku. Quello che emoziona è la sensazione profonda di trovarsi nel cuore di un qualcosa che tocca le corde dell’animo giapponese, e che per certi aspetti muove le persone di questo paese. Qui si recitano preghiere, si celebrano rituali, ma non è solo questo: ci sono il silenzio, lo scorrere del fiume, i suoni della foresta e gli alberi secolari amorevolmente preservati. Ovunque si respira sacralità, mistero, vitalità e leggerezza.

Quello che è certo è che è il Naiku (内宮) è il luogo più sacro per i giapponesi. Al suo interno si trova il santuario dedicato ad Amaterasu-Omikami, da cui discende la casa imperiale giapponese, e vi è custodito lo Specchio Sacro.
Geku
Se il Naiku stordisce per la profondità dei misteri che custodisce, con il Geku (外宮) si torna in una dimensione più terrena. Il luogo è quasi altrettanto sacro, la natura rigogliosa e anche qui non mancano imponenti alberi secolari. Ma se avete visto prima il Naiku, la bellezza del Geku sembrerà piccola rispetto all’immensità del Naiku.

In un certo senso, come sembra narrare la mitologia giapponese, il Geku è di supporto al Naiku. Il Geku è dedicato alla divinità Toyouke no Omikami che, circa 1.500 anni fa, fu convocata qui per fornire cibo alla dea Amaterasu. Toyouke no Omikami è infatti considerata custode degli elementi essenziali della vita umana, come cibo, riparo e vestiti.
Il Museo Sengukan
Nei pressi del Geku si trova il Museo Sengukan (せんぐう館), dedicato ai vari processi di ricostruzione ventennale dei principali edifici dell’Ise Jingu e dell’Ujibashi. È un buon punto di partenza per comprendere meglio il Santuario di Ise, o quantomeno per afferrarne lo spirito, visto che le informazioni del museo sono solo in giapponese. Anche in questo senso prepara alla successiva visita ai santuari, dove ogni indicazione è in giapponese, compresa quella dei bagni. Se ne avete bisogno, cercate la scritta お手洗い – si legge “otearai” – letteralmente “il luogo per lavare le mani”.
Oharaimachi

Usciti dal Naiku, con l’Ujibashi ormai alle spalle, è tempo di rientrare in una dimensione più umana. Ad aiutarci in questa missione c’è Ohairamachi (おはらい町), cittadina con una via principale lunga quasi un chilometro che affianca l’Isuzugawa (fiume Isuzu). La strada è circondata da edifici di legno in stile giapponese tradizionale, con ristoranti, negozi di souvenir, famose pasticcerie, locande per viaggiatori.
Ohairamachi, oggi per lo più un luogo per turismo e shopping, fin da tempi lontani è stato un punto di passaggio per fedeli in visita al santuario di Ise.
Okage Yokocho

Percorrendo la via principale di Ohairamachi ci si imbatte in Okage Yokocho (おかげ横丁), un piccolo quartiere costruito nel ventesimo secolo per ricreare un paesaggio urbano del passato (dal periodo Edo al primo periodo Meiji). È una sorta di tributo a quell’epoca, in cui si stima che un giapponese su cinque, almeno una volta nella vita, si recava all’Ise Jingu, malgrado le difficoltà del viaggio.
Il quartiere di Okage Yokocho, nonostante sia stato ultimato solo tre decenni fa (nel 1993), non dà la sensazione di finzione. Il tutto è stato ben studiato, i dettagli curati e il risultato è l’impressione di trovarsi in un luogo più antico dei suoi trent’anni anagrafici.
Cosa fare a Ise-Shima, nella prefettura di Mie
Meoto Iwa

Meoto Iwa (夫婦岩), ovvero le rocce marito e moglie, il luogo più romantico della prefettura di Mie. Le due rocce, unite da una corda sacra, incarnano le divinità Izanagi e Izanami, che avrebbero dato vita alle isole del Giappone e a molte altre divinità (kami).
Si giunge al Meoto Iwa passando attraverso un torii e il santuario Futami Okitama Shrine, con le sue numerose statue di rane. Secondo il folklore giapponese, le rane sono messaggeri degli dei, in grado di riportare indietro persone e oggetti perduti. Rana in giapponese si dice kaeru (蛙) e si pronuncia esattamente come 帰る (kaeru), che significa tornare a casa.
Osatsu
Se avete tempo a disposizione, fermatevi a Osatsu e passateci almeno mezza giornata. È fuori dalle rotte turistiche, persino locali, ed il è villaggio che ancora oggi ospita una comunità di pescatrici ama. Ci si arriva via bus dalla stazione di Toba, attraversando luoghi sperduti e strade tortuose.

La posizione isolata ha preservato questo tratto di costa e, nei punti più rocciosi, gli scogli sono popolati in gran copia da granchi, molluschi vari, cetrioli di mare, pesci e altre forme di vita marina, animale e vegetale. La natura feconda delle acque ha dato vita a questa cittadina strettamente legata alla pesca. E mentre un tempo gli uomini prendevano la barca per pescare al largo, le donne si specializzarono nella pesca subacquea di perle, alghe e frutti di mare lungo la costa.
La tradizione delle pescatrici ama (海女) è qui ancora presente. E può capitare, come è successo a me per caso, di imbattersi in un ristorante in cui una delle cuoche è anche una pescatrice ama.

Kashikojima
Kashikojima, un villaggio di mare alla fine del mondo. Mi suona un po’ esagerato, ma d’altra parte si trova su un’isola che ospita l’ultima stazione ferroviaria. Più avanti c’è solo l’Oceano Pacifico, la cui vastità si può solo intuire, nascosto com’è da una miriade di isolotti tortuosi.
Qui non si vive il consueto scorrere di mezzi e persone. Ci sono gli abitanti del villaggio, una manciata di turisti, qualche ristorante, i soliti negozietti e un porticciolo. Fai due passi, ti allontani dal centro e vedi solo le barche di pescatori e gli allevamenti di ostriche. Non senti più l’odore del pesce grigliato, ma solo una brezza che ti riempie i polmoni di iodio.

Il sole è inclemente e trovo riparo all’ombra di un ciliegio. La calma mi pervade. Non ci sono treni da rincorrere, qui la vita scorre sul mare e nelle sue profondità. Si pesca, si alleva e si portano i pochi turisti in gita sul mare, quelli che lo vogliono. Chi preferisce camminare a piedi, faccia come me: incamminatevi verso il Kashikojima Bridge e da lì continuate fino a Ugata e, infine, allo Yokoyama Observatory Deck.
Yokoyama Observatory Deck (baia di Ago)
La vista da qui è assai migliore delle foto che sono riuscito a fare e delle parole che riesco a mettere insieme. Da vari punti di osservazione (non fermatevi al primo, il più affollato) si gode della vista sulla baia di Ago, con le sue isole, penisole e isolotti ricoperti da boschi sempreverdi, con il risultato di ricordare la forma di un broccolo.

È un paesaggio squisitamente giapponese, sconosciuto agli occhi di noi italiani. Uno scenario unico che ha un nome, satoumi (里海), e che nasce dall’incontro tra l’ambiente naturale marino e attività umane come gli allevamenti perliferi e le coltivazioni di alghe.
Asama Mountain View Point
Ci si può arrivare tramite un percorso di trekking che parte dalla stazione di Asama. È una tappa che avevo in programma ma alla fine non ci sono andato, per cui non so dirvi se è meglio qui o lo Yokoyama Observatory Deck. Se ci siete stati o ci andrete, lasciate pure le vostre impressioni nei commenti.