Lungo i confini orientali della provincia di Viterbo i comuni di Vitorchiano e Soriano del Cimino custodiscono alcune delle più stupefacenti testimonianze storiche di epoca etrusca e romana della Tuscia viterbese. Un paesaggio tagliato da forre profonde scavate milioni di anni fa dall’attività vulcanica del monte Cimino. I giganteschi massi trachitici esplosi dal vulcano si trovano lungo i ripidi pendii, giù in fondo ai canyon o in mezzo a campi dedicati al nocciolo. Coltivazioni che da sole valgono tanto quanto la preziosa pietra intagliata nelle cave del posto: il peperino locale da cui sono state ricavate le fondamenta stesse del paese di Vitorchiano.

La roccia da queste parti ha modellato la vita degli abitanti, al pari del legname nelle zone montane. Al di sopra di uno sperone tufaceo sono state scavate le abitazioni ipogee di Corviano. I massi eruttati dal vulcano sono stati trasformati in altari dagli etruschi, ne sono state ricavate pestrelle per la pigiatura dell’uva e ne è stata spianata la sommità a scopi rituali. In epoca romana la pietra è diventata il luogo di sepoltura per liberti fuggiti da Roma, tombe ancora oggi visibili nella Selva di Malano. La potenza e suggestione del luogo è tale che, a distanza di millenni, non ci vuole poi chissà quale spinta immaginativa, per cogliere la magia del luogo che, vuoi il silenzio, vuoi il verde della selva o le strane figure che pare di scorgere tra i massi, prende alla testa come una sottile sensazione di vertigine.

Una Terra Incognita dove si richiede un camminare lento e un’attenzione particolare per non lasciarsi sfuggire, tra gli alberi di nocciolo, un Sasso del Predicatore, un altare, una tomba romana o i blocchi in pietra, modellati e sparsi sul terreno, di un’antica chiesa cristiana. Basta prendere un bivio e scendere di qualche decina di metri per ritrovarsi ad ammirare stupiti lo scroscio d’acqua della Cascata del Mertelluzzo, la cui energia fu un tempo cooptata dal mulino di cui resta un imponente arco in pietra al di sopra del torrente.
Una proposta di escursione di una giornata, meglio due se intendete prenderla con calma, tra le abitazioni ipogee di Corviano, il paese di Vitorchiano, i Sassi del Predicatore e le tombe romane della Selva di Malano.
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Prima tappa: da Vitorchiano alla Cascata del Martelluzzo
La prima parte del percorso prende avvio sul lato ovest del paese di Vitorchiano. In prossimità del belvedere il sentiero n°125 scende dall’alto dello sperone di roccia verso il basso fino al fondovalle. Qui, a un paio di chilometri dal centro abitato, si trova un ampio spazio verde dove sono state collocate delle sculture realizzate in pietra locale. Un primo assaggio di quanto, da queste parti, la roccia faccia parte integrante dell’esistenza delle comunità locali e dei suoi abitanti. La segnaletica presente (bianca e rossa) è ben visibile: con indicazioni delle distanze (in ore) e dei luoghi da visitare.

Il sentiero da qui inizia a salire. Nulla di impegnativo per carità, ma è richiesta una particolare attenzione per il selciato piuttosto scivoloso in caso di pioggia o umidità mattutina. Per il resto non c’è da preoccuparsi, con il camminare che attraversa il bosco di un verde intenso che lascia spazio sulla destra all’imponente facciata di una chiesa scavata nella pietra tufacea. Ancora roccia per l’appunto.

Al termine della salita il percorso prosegue per 500 metri circa su strada asfaltata, case e poderi, orti e campi coltivati fino a che il sentiero non si immette di nuovo nella vegetazione di lecci e querce che si apre su qualche raro campo di grano e ben più frequenti coltivazioni di noccioli.
Un’ora circa, a seconda del passo, per raggiungere da Vitorchiano il bivio del percorso ad anello che porta alla Cascata del Martelluzzo e più oltre verso Corviano.
Se scegliete di visitare la cascata come prima tappa, trovate l’accesso al sentiero alla vostra destra. Fate particolare attenzione in questo punto alle rocce che possono rivelarsi traditrici in caso di disattenzione. Il mio culo e la macchina fotografica ne portano il ricordo. Mano a mano che scendiamo verso il fondovalle lo sguardo è magneticamente attratto da massi in bilico sopra altri massi, intriganti forme scolpite dalla fantasia dell’acqua, mentre dovrete farvi largo tra giganteschi macigni stretti l’uno di fianco all’altro. Pare di entrare in un luogo sacro: silenzio, attenzione e meraviglia.

E finalmente dopo aver raggiunto e superato un guado del fiume (in inverno e primavera la faccenda può rivelarsi un poco impegnativa) avvertiamo la cascata ancora prima di vederla, fino a che compare dietro un masso coperto di radici e licheni. Dell’antico mulino resta oggi uno scenografico arco in pietra che suscita parecchie domande su come diavolo abbiano fatto a tirare su una struttura di questo tipo in un luogo tanto impervio. Le rive della piscina naturale su cui si abbatte la cascata, il fresco della valle e l’anfiteatro naturale che la circonda invitano a una pausa per mangiare qualcosa e proseguire dopo il ristoro in direzione di Corviano.

Foto di Alessio Pellegrini CC BY-NC-SA 2.0

Foto di Giovanni Savelli CC BY 2.0
Seconda tappa: dalla Cascata del Martelluzzo a Corviano
A circa metà percorso, tra le cascate e le architetture rupestri di Corviano, troverete alla vostra destra i resti sparsi di una necropoli etrusco-romana. Le sepolture sono ricavate nella roccia in foggia di sagoma umana e richiamano alla mente le testimonianze archeologiche della necropoli di Santa Cecilia, non lontano da qui, nel comune di Bomarzo. In prossimità della necropoli sono anche facilmente visibili i resti di un’antica chiesa medievale con le pietre lavorate dell’abside e un piccolo pilastro steso a terra che serviva da sostegno per l’altare.

Proseguendo lungo il sentiero, segnalato in rosso e bianco, si arriva dopo un quarto d’ora di camminata alle abitazioni ipogee di Corviano. La frequentazione del luogo è fatta risalire al periodo preistorico. Scavate nel tufo, a picco sulla valle sottostante attraversata dal torrente Martelluzzo, questi rifugi erano un luogo protetto e ottimamente riparato per gli antichi abitanti del territorio. I resti di scalfitture e buchi nella parete aggettante la valle testimoniano l’impiego di impalcature in legno per accedere alle grotte rupestri.

L’avvento della metallurgia e il successivo riutilizzo in epoca etrusca ha determinato un ampliamento delle grotte, con l’aggiunta di nicchie, canalizzazioni per lo scarico delle acque e scale sotterrane per una migliore facilità di accesso. Delle cinquanta strutture ipogee di Corviano ne restano oggi solo cinque che è possibile visitare scendendo gli stretti gradini in pietra che conducono alle camere sotterranee. Un bel posticino davvero, riparato, fresco in estate e relativamente caldo in inverno e soprattutto ideale se fuori nella selva hai a che fare con lupi, orsi e altre belve feroci.

Foto di Alessio Pellegrini CC BY-NC-SA 2.0

Foto di Alessio Pellegrini CC BY-NC-SA 2.0
Terza tappa: tomba di M. Larcio, tomba del Re e della Regina
Il percorso dalla Tomba di Larcio a quella del Re e della Regina richiede poco meno di un paio d’ore (andata e ritorno) e può essere incluso nelle tappe precedenti o in quella successiva. Non esige, come gli altri del resto, particolari competenze escursionistiche. È sufficiente seguire la mappa e senz’altro raccomandato dotarsi di un’applicazione per il trekking.
Per quanto breve, questo itinerario regala alcune delle più impressionanti formazioni rocciose della Selva di Malano. I massi giganteschi di rocce metamorfiche hanno subito un rimodellamento naturale che fa apparire a seconda dell’angolazione da cui si osservano, figure antropomorfe e silhouette di animali che immancabilmente scompaiono una volta immortalate dallo smartphone. Riguardiamo meglio e sono di nuovo lì, in un gioco di apparizioni che rende la Selva di Malano e i suoi massi tanto meravigliosi per noi quanto dovevano esserlo un tempo per gli etruschi.

Non è un caso che i vari Sassi del Predicatore, come la celebre piramide etrusca di Bomarzo, siano presenti in così generosa quantità proprio in un’area in cui il vulcanesimo ha creato un paesaggio naturale così potente ed evocativo, a cui sono stati attribuiti dai suoi abitanti poteri arcani e misteriosi.
In fondo alla valle, a una decina di metri dal torrente Sugara, la tomba del Re e della Regina è stata scavata all’interno di un masso tufaceo, composta da due loculi affiancati con cuscini litici secondo la tradizione etrusca. Il luogo è particolarmente scenografico, data la posizione della tomba in alto sopra il sentiero. Una vedetta di pietra che osserva chiunque percorra il cammino.

Per trovare la tomba di M. Larcio dovrete percorrere una decina di metri all’interno del bosco proprio dietro al parcheggio. Ho segnalato il punto nella mappa in alto. Se non la individuate al primo colpo, non preoccupatevi, basta cercare un poco tra gli alberi e troverete un masso scavato con una tipica tomba a fossa. Sulla pietra è presente un’iscrizione a caratteri latini, piuttosto deteriorata, che fa risalire la sepoltura a tale M. Larcio membro della tribù Stellatina, originaria del comune di Orte, attribuibile con una certa attendibilità al periodo dell’età repubblicana (VI secolo a. C. – I secolo a. C.).

Quarta tappa: Sassi del Predicatore e Tombe dei liberti
La durata complessiva di questa quarta tappa nella Selva di Malano è di circa 4h. Il Percorso non presenta criticità significative, ma rinnovo l’invito a una particolare attenzione al fondo stradale, costituito nella prima parte in discesa da lastre di cemento che possono rivelarsi scivolose in caso di pioggia o umidità. Consiglio inoltre di scaricare un’applicazione trekking per individuare con più facilità bivi e svolte lungo il sentiero.
Lasciata la macchina in un’ampia radura (segnalata con una P nella mappa in alto) si scende verso il fondovalle dominato dalle onnipresenti coltivazioni di nocciolo. Il paesaggio è ben curato, segno di un’attività umana che fin dall’epoca etrusca ha modificato il territorio in funzione delle esigenze del tempo. Vigneti, ulivi e noccioli, piante da giardino e fiori che compaiono tra specie selvatiche. Vecchie abitazioni rupestri di pastori e a metà costa, a circa venti minuti dall’inizio del percorso, la prima tomba, quella del liberto Coelius. La trovate, scendendo, alla vostra destra nascosta in parte dalla vegetazione. Sui fianchi del masso trachitico sono stati scavati dei gradini, mentre sulla sommità è stata ricavata una piattaforma con due piccoli loculi dove erano conservate le ceneri dei defunti.

Segnalo a titolo informativo, la presenza, in direzione sud, oltre la tomba di Coelius, dell’abbazia di San Nicolao il cui accesso è sbarrato da una rete perimetrale in quanto proprietà privata. Tornando indietro lungo il sentiero troverete un bivio (alla vostra destra) che conduce al percorso ad anello in direzione del primo Sasso del Predicatore.

La funzione di queste strutture è ancora oggi oggetto di dibattito: altare, area sacrificale, postazione di osservazione per gli aruspici. Ancora più evidente nella sua funzione rituale e magica è il secondo Sasso del predicatore che si incontra in direzione ovest proseguendo lungo il sentiero. In questo caso occorre fare attenzione al punto indicato sulla mappa. La struttura è sì a poche decine di metri dal sentiero, ma immersa in un noccioleto particolarmente fitto.

Foto di Alessio Pellegrini CC BY-NC-SA 2.0

Foto di Alessio Pellegrini CC BY-NC-SA 2.0
L’ultima struttura del percorso è di epoca romana. Una tomba singolarissima, ricavata ancora una volta nella roccia trachitica e situata in una posizione drammaticamente scenografica. Sul fondovalle, vicina a un ruscello, circondata dal bosco della Selva di Malano. Difficile non restare impressionati dalla sacralità del luogo, perfino a distanza di così tanti secoli.

Il Moai di Vitorchiano
Costruito in peperino locale il moai di Vitorchiano è un’opera originale, l’unica al mondo realizzata al di fuori dell’isola di Pasqua. La pietra è stata scelta con cura rituale nella Cava Anselmi di Vitorchiano, da Juan Atan Paoa, ultimo discendente del clan delle Lunghe Orecchie: gli antichi sacerdoti-scultori che hanno realizzato i moai di Rapa Nui.
Il progetto fu portato a compimento nel 1990 con grande eco mediatica, tanto che la stessa RAI dedicò all’inaugurazione del Moai di Vitorchiano una diretta tv che potete vedere qui (dal minuto 4’). Obiettivo dell’iniziativa raccogliere fondi per il restauro e la conservazione dei Moai di Rapa Nui, che all’epoca versavano in condizioni disastrose.
E non è che Juan Atan Paoa e famiglia abbiano scelto Vitorchiano a caso; questa singolare iniziativa fu il risultato di una ricerca durata un bel po’ in giro per l’Europa. Era necessario trovare la pietra lavica giusta, simile a quella della loro isola, il giusto territorio e una generosa dose di accoglienza e sostegno da parte degli abitanti del posto. Questo insieme di coordinate ha portato gli intrepidi scultori di Rapa Nui fino a Vitorchiano dove dalla parete della cava è stato estratto un blocco di 30 tonnellate. Sagomato, scalpellato e infine collocato nella sua posizione definitiva, sul belvedere qui in basso.
Corviano e Selva di Malano: mappa, come arrivare e informazioni pratiche
La mappa in alto mostra, in una panoramica generale, le quattro tappe del percorso. Potete scaricare qui di seguito l’intero itinerario nei vari formati:
- geojson
- gpx
- kml
- full map data (Umap/Openstreet)
Raccomando di seguire le tracce indicate con particolare attenzione. Molte tombe e Sassi del predicatore sono immersi nel bosco o si trovano in mezzo a coltivazioni di noccioleti che non li rendono facilmente individuabili dal sentiero.
Necessario equipaggiarsi di zaino con acqua e cibo. Nei mesi estivi suggerisco abiti leggeri, occhiali da sole, cappello e crema solare.
Nei mesi autunnali e invernali il territorio può essere soggetto a frane, le cui conseguenze sono ben visibili in alcuni punti dell’itinerario, con massi precipitati dalla parete rocciosa.
Un buon punto di partenza, per chi decida di dedicare almeno un paio di giorni a di Corviano e alla Selva di Malano, è il paese di Vitorchiano che di certo merita una visita di una mezza giornata per apprezzare l’accoglienza dei suoi abitanti e le specialità locali. Oltretutto sono presenti nel centro storico alcuni belvedere che offrono un panorama suggestivo della paesaggio circostante con le sue forre e dirupi tufacei.
Ringrazio per il sostegno durante il percorso e per le foto Alessio Pellegrini, esploratore e autore di Terra Incognita